Accertato il comportamento fraudolento del commercialista per mancato pagamento delle imposte, la Cassazione ha escluso la culpa in vigilando del contribuente per omesso controllo dell’effettiva esecuzione degli adempimenti fiscali

La vicenda

La Corte di Cassazione (Sesta Sezione Civile – T, n. 29849/2019) ha accolto il ricorso promosso da un contribuente contro la decisione della Commissione Tributaria della Regione Lazio che aveva erroneamente confermato l’applicabilità delle sanzioni pecuniarie a suo carico pur riconoscendo il comportamento fraudolento del proprio commercialista.

La vicenda origina da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate per il recupero del credito IVA indebitamente utilizzato in compensazione dal ricorrente negli anni 2006 e 2007, con applicazione di interessi e sanzioni.

In primo grado la CTP accoglieva il ricorso del contribuente limitatamente alle sanzioni applicate. La CTR Lazio riformava la sentenza ritenendo quest’ultimo comunque responsabile per culpa in vigilando per non aver controllato l’effettiva esecuzione degli adempimenti fiscali e contabili da parte del proprio consulente.

La pronuncia della Cassazione

La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che «In tema di sanzioni amministrative tributarie, l’esimente di cui all’articolo 6, comma 3, del d.lgs. n. 472/1997 si applica in caso di inadempimento al pagamento di un tributo imputabile esclusivamente a un soggetto terzo (di regola l’intermediario cui è stato attribuito l’incarico, oltre che della tenuta della contabilità e dell’effettuazione delle dichiarazioni fiscali, di provvedere ai pagamenti), purché il contribuente abbia adempiuto all’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria e non abbia tenuto una condotta colpevole ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del detto decreto, nemmeno sotto il profilo della “culpa in vigilando”» (Cass. n. 28359/2018), «dovendo l’inadempimento medesimo essere imputabile in via esclusiva all’intermediario».

Nel caso di specie, la CTR aveva fatto mal governo di tal principio di diritto in quanto, pur in presenza di un comportamento manifestamente fraudolento del professionista, consistito nella falsificazione della documentazione (ricevute di pagamento a mezzo F24) consegnata al contribuente a dimostrazione del regolare adempimento degli obblighi fiscali e contabili, e quindi in evidente assenza di culpa in vigilando diquest’ultimo, aveva comunque ritenuto applicabili a suo carico le sanzioni amministrative pecuniarie.

Per queste ragioni il ricorso è stato accolto e la sentenza impugnata cassata senza rinvio.

La redazione giuridica

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