Ammessa l’apposizione di una canna fumaria sulla facciata di un edificio in quanto era stata rispettata la normativa in materia di uso della cosa comune

Avevano agito in giudizio nei confronti di un Condominio per accertare il loro diritto ad apporre una canna di esalazione di fumo e una tubazione per il ricircolo dell’aria ai sensi della normativa in materia di uso della cosa comune.

Il Tribunale di Milano aveva ammesso una CTU al fine di accertare la regolarità del progetto, tenuto conto del decoro architettonico dell’edificio, della sua stabilità e sicurezza. Successivamente, durante l’espletamento della CTU, il Condominio si era costituito in giudizio, chiedendo il rigetto delle domande svolte.

Con la sentenza n. 589/2020 i Giudici hanno ritenuto la domanda fondata, avendo parte attrice provato, come era suo onere, che il progetto non configurava alcuna innovazione, dovendo, quindi, trovare applicazione, nella fattispecie in questione, la disposizione di cui all’art. 1102 c.c., pacificamente applicabile anche in materia di comunione, la quale prevede che il singolo possa servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso.

Il Collegio giudicante, nello specifico, conformemente a quanto statuito dalla giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto che l’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individui una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino – pertanto – può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l’altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio, e non ne alteri il decoro architettonico; fenomeno – quest’ultimo – che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull’insieme dell’armonico aspetto dello stabile.

Nel caso in esame, la CTU – svolta con rigore e procedimento immune da vizi logici e, pertanto, pienamente condivisibile – aveva accertato che il progetto non era lesivo del decoro architettonico del fabbricato condominiale e non incideva nemmeno sull’estetica dello stesso.

Anche in relazione alle valutazioni sulla stabilità e sulla sicurezza dell’edificio, inoltre, la CTU aveva affermato che l’opera teoricamente non avrebbe creato nocumento alle parti comuni. In ordine alla immissione di calore, il consulente aveva poi ritenuto che la canna di esalazione, prevedendo una coibentazione, fosse idonea ad abbattere l’eventuale evacuazione di effluenti caldi, mentre, per quanto concerneva i fumi, essendo progettata a 3,00 ml sopra il colmo del tetto, aveva ritenuto che essa non fosse idonea a determinare la formazione di fumi pregiudizievoli per le proprietà dei condomini. Infine, in ordine alla eventuale sussistenza di immissioni di rumore, la consulenza aveva accertato l’impossibilità di determinare un peggioramento dell’acustica presente nel cortile condominiale e in altre parti del condominio.

In conclusione, l’esecuzione delle opere oggetto della causa – secondo il tribunale – era espressione del potere del condomino di servirsi legittimamente della cosa comune ai sensi dell’art. 1102 c.c., con conseguente esclusione da parte della assemblea condominiale di deliberare al riguardo impedendo i lavori.

La redazione giuridica

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