Escluso il valore processuale dell’ipotesi alternativa prospettata dalla difesa nell’ambito di un procedimento nei confronti di un uomo accusato di procurato allarme
Era stato condannato, ai sensi dell’art. 658 del codice penale, per procurato allarme all’Autorità. Nello specifico l’imputato, era accusato di avere effettuato una telefonata di tenore allarmistico al centralino del Palazzo di Giustizia di Milano, nel corso della quale aveva ripetuto per due volte la frase “inside bomb boom boom”.
L’uomo era stato identificato sulla base dell’individuazione dell’utenza telefonica utilizzata dal soggetto chiamante, intestata al padre, dalla quale, pochi minuti dopo la telefonata minatoria, era stata effettuata un’ulteriore chiamata a un numero interno del Palazzo di Giustizia di Milano, attivo presso l’Ufficio del Giudice di Pace di Milano, registrato nella rubrica del cellulare.
Nel ricorrere per cassazione, l’imputato eccepiva, tra gli altri motivi di doglianza, che la decisione contenuta nella sentenza impugnata risultava sprovvista di un percorso argomentativo che confutasse analiticamente le censure difensive, con cui il Giudice del merito aveva omesso di confrontarsi, limitandosi a richiamare assertivamente gli esiti delle verifiche di polizia giudiziaria eseguite sui tabulati telefonici acquisiti nel corso delle indagini preliminari.
La Suprema Corte, con la sentenza n. 10051/2020 ha ritenuto tuttavia infondate le argomentazioni del ricorrente.
Per la Cassazione, in particolare, il compendio probatorio acquisito dal Tribunale, escludeva di attribuire ragionevolmente alcun valore processuale all’ipotesi alternativa prospettata dalla difesa, secondo cui un ipotetico e non identificato cliente del padre dell’imputato aveva effettuato la telefonata allarmistica in contestazione, essendo l’utenza telefonica da cui proveniva la chiamata minatoria utilizzata, oltre che per uso domestico, anche per lo svolgimento dell’attività commerciale dell’intestatario. Nessuno degli elementi circostanziali corroborava tale ricostruzione degli accadimenti criminosi.
Inoltre tale percorso valutativo, oltre che congetturale e smentito dalle risultanze processuali, si sarebbe posto in contrasto con la giurisprudenza consolidata di legittimità, in base alla quale “in tema di valutazione della prova, il ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d’esperienza conferisce al dato preso in esame valore di prova se può escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che invalidi l’ipotesi all’apparenza più verosimile, ponendosi, in caso contrario, tale dato come mero indizio da valutare insieme con gli altri elementi risultanti dagli atti”.
La redazione giuridica
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