Tribunale di Imperia e Corte d’Appello di Genova condannano l’Azienda USL 1 Massa Carrara a rifondere ai familiari del neonato oltre due milioni di euro per i danni da ipossia.
L’Azienda Sanitaria si rivolge alla Corte di Cassazione lamentando che la CTU svolta in primo grado sarebbe nulla perché fondata “su documenti (tracciati cardiotocografici) mai visionati da Consulenti Tecnici d’Ufficio, in quanto smarriti” dai precedenti consulenti ai quali poi era stato revocato l’incarico. Ne deriverebbe la nullità della stessa sentenza impugnata.
Sul punto i Giudici di appello hanno dichiarato: “I dati dei tracciati cardiotocografici erano comunque testualmente riportati in atto di citazione: ad essi ha attinto il CTU”. Questo, però, ad avviso dell’ASL, sarebbe errato “poiché i tracciati devono essere interpretati dal ginecologo, e non possono certo essere trascritti su un atto giudiziario“, in quanto “sono grafici e non possono essere tradotti in parole”.
La tesi di CTU nulla
Pertanto, sempre secondo la tesi della ricorrente, la CTU sarebbe nulla, avendo il CTU e il suo ausiliario “preteso di dimostrare lo stato di sofferenza ipossico ischemica” della nascitura durante il travaglio “basandosi sugli scarsissimi dati riportati” nella citazione di primo grado.Per di più gli stessi CTU avrebbero riconosciuto che i tracciati erano “di imprescindibile rilievo” e chiesto al Giudice, con nota del 27 agosto 2018, di poter comparire per discutere sulle modalità del procedere, e “in particolare stabilire se ritenere acquisito l’orientamento di parte attrice sui… tracciati”.
Il Giudice però non si sarebbe pronunciato su questa richiesta, e i Consulenti avrebbero redatto la relazione, per ovviare alla mancanza dei tracciati, basandosi “esclusivamente su quanto riportato nell’atto di citazione in primo grado”, cioè sul fatto che i tracciati, “oltre a registrare alterazioni della frequenza cardiaca in rialzo (tachicardia), hanno registrato dalle 13:56 alle 14:45 – quindi per quasi un’ora – un calo del battito del feto a 120 bpm”. Basandosi su questo, ad avviso della ricorrente, “il CTU è giunto a conclusioni errate e illogiche”, affermando che ciò indicava che erano stati intrapresi dalla nascitura “i suoi primi meccanismi di compenso dello stress ipossico” che avrebbero causato i danni da ipossia. L’aver dedotto da tale scarna descrizione presente nell’atto di citazione “gli elementi per fondare la responsabilità dei sanitari” renderebbe dunque nulla la CTU.
Sempre secondo l’ASL, la mancanza del documento smarrito – il tracciato CTG – avrebbe dovuto gravare sulla parte attrice, onerata a fornirla. Invece i CTU e i Giudici di merito avrebbero addebitato all’azienda sanitaria “una cattiva gestione del parto” in base a un documento inesistente.
Il giudizio di rigetto della Cassazione
Gli Ermellini evidenziano che l’ASL non aveva lamentato nel grado di merito nullità della CTU, pur avendone criticato in appello il contenuto fattuale, ovvero pur avendovi svolto proprio censure di merito.
In appello l’ASL osserva:
- a) la sottovalutazione dell’assenza dei documenti sanitari essenziali ossia i tracciati cardiotocografici.
- b) L’errore nel ritenere pacifici i dati dei tracciati riportati nell’atto di citazione nonostante la contestazione sul punto.
- c) La lacunosità della CTU, affetta da vizi procedurali e logici e carente del necessario apporto di competenze specialistiche”.
Ebbene, è evidente che il riferimento sub c) a “vizi procedurali” è troppo generico per addurre che la CTU era nulla, nullità che avrebbe reso superflua ogni ulteriore censura.
Un novum in Appello
La nullità, ad ogni modo, avrebbe costituito un novum in appello. Ad ogni modo, i Giudici di appello hanno specificatamente e ampiamente risposto al motivo d’appello che lamentava (senza appunto porla su un piano di nullità) “la sottovalutazione dell’assenza dei documenti sanitari essenziali ossia i tracciati cardiotocografici e l’errore nel ritenere pacifici i dati dei tracciati riportati nell’atto di citazione nonostante la contestazione”.
Oltre a ciò, l’ASL nel sostenere la tesi della nullità della CTU inserisce una critica eccentrica rispetto ad essa: sostiene, infatti, di avere sempre contestato la lettura dei tracciati “poiché in comparsa di costituzione e risposta si fa riferimento a tracciati cardiotocografici normali”, per cui il Giudice avrebbe errato nel ritenere che i CTU si fossero fondati su un “dato non contestato e quindi da ritenersi dimostrato” ex articolo 115 c.p.c.
Questa censura è del tutto generica perché non indica in quale modo, e sulla base di quale specifica ragione, sarebbe insorta la contestazione, non essendo certo sufficiente un mero apodittico asserto di tracciati cardiotocografici normali cui si sarebbe fatto “riferimento”.
In conclusione, la Suprema Corte rigetta il ricorso, con conseguente condanna della ricorrente a rifondere le spese processuali a controparte (Cassazione civile, sez. III, 14/08/2024 n.22838).
Avv. Emanuela Foligno