Il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di una persona lesa, in modo non lieve dall’altrui fatto illecito, è suscettibile di tutela risarcitoria

La vicenda

A seguito di un incidente stradale occorso al proprio coniuge, la moglie aveva agito in giudizio al fine di ottenere il ristoro del danno da lesione alla vita familiare.

Ma in primo grado il Tribunale di Milano, pur riconoscendo il risarcimento del danno biologico subito per effetto della situazione venutasi a creare a causa dei gravi postumi riportati dal proprio coniuge dopo l’incidente, aveva escluso tanto l’esistenza della lesione alla specifica capacità di lavoro, quanto il danno alla vita familiare: «l’innegabile sconvolgimento della vita di coppia provocato dal sinistro di cui la ricorrente fu vittima, non assurge a una gravità tale da integrare quella lesione del rapporto parentale contemplata nelle tabelle milanesi, quale pregiudizio suscettibile di ristoro». Quest’ultimo riguarda infatti, «le situazioni in cui un componente del nucleo familiare si trovi in condizioni di salute così gravemente compromesse da ledere in modo estremamente pesante il rapporto parentale, e deriva dall’esigenza di offrire effettiva tutela ai congiunti del macroleso».

La decisione trovò conferma anche in appello. Anche in questo caso, i giudici della corte territoriale non ravvisarono alcuna lesione del rapporto parentale suscettibile di valutazione in termini di compensazione risarcitoria.

L’uomo, infatti, sebbene macroleso aveva conservato una propria autonomia, potendo guidare un’auto (anche se modificata), procreare e lavorare: «è più che verosimile che la vita dell’appellante sia oggi priva di quella serenità che la caratterizzava prima del sinistro, tanto da aver comportato un pregiudizio nella sua sfera psichica», ma tale pregiudizio risulta essere stato già completamente ristorato con il riconoscimento del danno biologico».

La decisione della Cassazione

Sulla vicenda si sono, infine, pronunciati giudici della Suprema Corte di Cassazione che hanno cassato la decisione impugnata perché non conforme ai principi esistenti in materia di accertamento e valutazione del cd. danno parentale, secondo i quali “in assenza di lesione alla salute, ogni vulnus arrecato ad altro valore costituzionalmente tutelato va valutato e accertato, all’esito di compiuta istruttoria, sotto il duplice aspetto risarcibile sia della sofferenza-morale che della privazione, ovvero diminuzione o modificazione delle attività dinamico-relazionali precedentemente esplicate dal danneggiato, cui va attribuita una somma che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito sotto entrambi i profili, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche».

Il principio è stato affermato in una recente pronuncia della Cassazione (n. 02788 del 31/01/2019) che ha riconosciuto il danno non patrimoniale alla vita di relazione, nella specie di tipo sessuale, patito dal ricorrente per le lesioni fisiche subite dalla moglie a seguito di un intervento chirurgico: «Il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di una persona lesa in modo non lieve dall’altrui illecito, – è stato chiarito – può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta».

La redazione giuridica

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