La Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna si è espressa sul risarcimento di un danno erariale indiretto derivante da una vicenda di malpractice sanitaria

La decisione della Corte dei Conti Emilia-Romagna, Sez. giurisdiz., n. 77 del 31 marzo 2017 riguarda la richiesta del risarcimento di un danno erariale indiretto, originato dal versamento della somma di Euro 39.476,36 ad un paziente dell’Ospedale di Imola, in conseguenza della definizione transattiva di una vicenda di “malpractice” sanitaria.
La diagnosi al momento del ricovero del paziente presso l’Ospedale di Imola era di “frattura spiroide scomposta del terzo diafisario distale della tibia estesa longitudinalmente fino alla superficie articolare contrapposta all’astragalo, nonché di una frattura scomposta del terzo distale del perone”.

A seguito di tanto il paziente veniva sottoposto ad intervento.

Accade però che il paziente abbia formulato richiesta di risarcimento danni “lamentando di aver continuato ad avvertire dolore dopo l’intervento, di aver informato di ciò i sanitari alle visite di controllo e, quindi, di essere stato costretto a rivolgersi ad un’altra struttura ospedaliera”, dove gli veniva “riscontrata la “mobilizzazione di chiodo endomidollare e scomposizione del focolaio”.
Veniva nuovamente operato per rimuovere il chiodo endomidollare mobilizzato ed eseguire “riduzione e sintesi con placca e viti della frattura distale del perone e riduzione a nuova sintesi con chiodo endomidollare bloccato della frattura tibiale”.
Le difese dei convenuti hanno svolto una serie di argomentazioni, in ordine all’operato dei medici intervenienti che a giudizio della Corte dei Conti non contengono elementi probatori tali da inficiare le contestazioni di parte attrice, limitandosi a sostenere, sul piano clinico e mediante affermazioni indimostrate, la correttezza del lavoro, la legittimità della scelta terapeutica e la conformità dell’operato dei convenuti alle linee guida, tenuto conto delle condizioni cliniche del paziente.
Ed infatti osserva il Collegio che i sanitari convenuti non hanno supportato le proprie affermazioni, secondo cui l’intervento terapeutico praticato sarebbe avvenuto nel pieno rispetto delle regole della migliore scienza medica, con un parere medico legale di un professionista esterno o con l’allegazione di articoli di quotate riviste medico-scientifiche da cui si possa dedurre che effettivamente l’intervento rispondesse al rispetto delle leges artis dell’agire medico.

Ma v’è di più. Il Collegio ritiene altresì che siano provati, per opera dell’attrice, gli elementi fondanti della responsabilità amministrativa per danno erariale indiretto dei convenuti.

Vertendosi in ipotesi di danno erariale indiretto, secondo la Corte, il pagamento della somma a titolo di ristoro transattivo costituisce un presupposto di fatto sul quale il giudice contabile deve svolgere le sue considerazioni riguardo ai presupposti soggettivi e alla sussistenza di un nesso di causalità tra la condotta dei convenuti e il danno arrecato all’amministrazione di appartenenza, onde procedere a un’autonoma valutazione sull’esistenza degli elementi della responsabilità contestata.
La Corte osserva che nell’ambito del giudizio civile, è stata depositata consulenza tecnica medico-legale, per i medesimi fatti posti a fondamento della contestazione di responsabilità amministrativa, dalla quale è emersa chiaramente la deviazione dalle “regole della buona pratica medica” da parte dei sanitari dell’Ospedale di Imola.
In particolare nelle conclusioni della CTU si afferma quanto segue: “…L’intervento non ebbe, purtroppo, l’esito sperato a motivo di una precoce scomposizione dei monconi frattura. Il motivo di tale fallimento terapeutico è da ravvisare … in una mancata stabilizzazione delle due fratture con aggiunta, al trattamento effettuato, di un bloccaggio statico prossimale alla tibia ed eventualmente anche di un filo di K endomidollare al perone.
A tale omissione si è aggiunto un ulteriore comportamento censurabile da parte dei sanitari dell’ospedale di Imola consistente nel fatto che, esaminato clinicamente il paziente che lamentava disturbi a distanza di soli 7 gg. dall’intervento (n.d.r. 15 settembre 2008) quando la scomposizione era già in atto, non individuarono tale criticità e non ritennero di effettuare Rx di controllo; e ancora, quando il cattivo esito dell’intervento fu reso palese dall’effettuazione dei Rx dell’8-10-08, optarono per evitare un ulteriore intervento – che secondo il parere del Dr. F. avrebbe potuto correggere o ridurre l’accorciamento, consentendo una guarigione in tempi notevolmente più rapidi di quanto poi si è verificato – e oltretutto consentirono il carico parziale in una fase di callificazione ancora iniziale, favorendo così uno scivolamento del chiodo e mettendo a rischio consolidamento della frattura … . Il periodo di malattia conseguito alla descritta lesione è risultato certamente allungato a motivo del comportamento erroneo dei sanitari dell’ospedale di Imola …; tale prolungamento è a mio parere da quantificare in 60 giorni di TT e 60 gg di TP al 50%, 30 gg al 25%”.
Da tanto la Corte dei Conti ritiene che si possa affermare che, anche nel giudizio contabile, sia possibile la formazione di un convincimento motivato non soltanto giuridicamente, ma anche scientificamente circa la portata lesiva della condotta dei sanitari e degli effetti dannosi dei quali si reclama il ristoro.
Per ciò che attiene l’accertamento del nesso causale tra la condotta e l’evento in materia di responsabilità medica il Collegio ritiene condivisibile l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. SS.UU., n. 576/2008; Sez. III, n. 16123/2010, richiamato da Corte dei conti, Sez. Sicilia, n. 382/2014), che riconosce sussistente il nesso eziologico non solo quando il danno erariale è conseguenza diretta della condotta, ma anche quando sia difettata la diligenza e la perizia scientifica che abbia cagionato l’evento lesivo laddove la condotta doverosa, se fosse stata seguita in assenza di fattori alternativi, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento stesso.
Secondo la Corte dei Conti tale nesso sussiste nel caso in esame, porta all’affermazione di responsabilità dei sanitari nella causazione dell’evento dannoso per l’ente pubblico ed è tale da non consentire nemmeno una riduzione dell’addebito, così come era stato richiesto dai ricorrenti.
 

Avv. Maria Teresa De Luca

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