Decesso del lavoratore e invocata interazione con la malattia professionale: non risulta superata la regola ex art. 41 c.p. (Cassazione Civile, sez. VI, 05/04/2022, n.10948)
Decesso del lavoratore: La Corte d’Appello di L’Aquila ha respinto l’appello proposto nei confronti dell’INAIL, confermando la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda volta al conseguimento della rendita ai superstiti.
La Corte territoriale ha accertato, in base all’esito delle C.T.U. svolte in primo e secondo grado, che il decesso del lavoratore era avvenuto per “arresto cardio respiratorio in paziente con insufficienza respiratoria cronica terminale” e che nella genesi del decesso non era dimostrata una interazione con la malattia professionale al medesimo diagnosticata, “pneumoconiosi da silicati e calcare”.
La decisione viene impugnata in Cassazione dove il ricorrente lamenta la nullità della sentenza a causa dell’inammissibile pedissequo rinvio alle ragioni della C.T.U. e violazione delle norme sulla rendita a superstite in merito al nesso causale nel determinismo del decesso del lavoratore.
La parte ricorrente ha premesso che il C.T.U. nominato in primo grado aveva confuso la tecnopatia da cui era affetto il lavoratore (pneumoconiosi da silicati e calcare), con altra differente patologia (silicosi) mai denunciata, ed aveva escluso l’esistenza di un nesso causale tra quest’ultima patologia e il decesso del lavoratore. Ed ancora, il CTU nominato dalla Corte d’appello ha rilevato l’errore e precisato che la tecnopatia da cui era affetto il de cujus era rappresentata non dalla silicosi bensì dalla “broncopneumopatia da silicati e calcare”; che, tuttavia, la Corte di merito ha considerato la valutazione espressa dal primo C.T.U., confermata dal Consulente nominato in appello, sebbene ciò non corrispondesse al vero.
I motivi di ricorso non possono trovare accoglimento.
I Giudici di appello, in base all’esito della seconda C.T.U., hanno ritenuto che “i dati laboratoristici e clinico strumentali che emergono dalla cartella clinica relativa al ricovero esitato nel decesso del lavoratore fra loro assolutamente coerenti e concordanti verso un univoca conclusione, depongono per uno scompenso cardiaco da insufficienza ventricolare sinistra ragionevolmente correlata alla cardiopatia ischemica ipertensiva cronica con ipertrofia ventricolare sinistra e fibrillazione atriale cronica ad alta risposta, con la conseguenza che le possibili alterazioni correlate alla broncopneumopatia da silicati e calcare indennizzata non hanno influito in misura apprezzabile sulla concatenazione di eventi che hanno condotto al decesso del lavoratore medesimo”.
Ebbene, la motivazione della sentenza, che ha escluso l’esistenza di un nesso causale tra la tecnopatia e il decesso del lavoratore, risponde ai requisiti richiesti dall’art. 132 c.p.c., n. 4. Inoltre, l’errore compiuto dal primo C.T.U. nella individuazione della tecnopatia da cui era affetto il lavoratore non ha avuto alcuna incidenza sull’accertamento di merito eseguito.
In punto di diritto, proseguono gli Ermellini, la decisione impugnata è corretta in quanto la rendita spetta ai superstiti solo ove il decesso del dante causa dipenda, con certezza o elevata probabilità, da una malattia professionale, o da un infortunio, oppure quando la tecnopatia si ponga quale fattore accelerante per l’exitus determinato da altra causa.
In materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, trova applicazione la regola di cui all’art. 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, sicché va riconosciuta l’efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, salvo che il nesso eziologico sia interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l’evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni.
Per le ragioni esposte il ricorso viene respinto.
Avv. Emanuela Foligno
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