Sarà più agevole per le persone con disabilità spostarsi su tutto il territorio nazionale ed accedere nelle zone a traffico limitato e nelle strade o corsie dove vigono divieti o limitazioni.

La recentissima pronuncia in materia della Sezione VI Civile della Cassazione (Ordinanza 14.3.2022 n. 8226) infatti, confermando propri precedenti stabilisce che in tema di sanzioni amministrative, ed alla luce delle disposizioni contenute negli artt. 11 e 12 del DPR 610 del 1996 e nell’art. 381 comma secondo del regolamento di esecuzione ed attuazione del codice stradale di cui al DPR 495 del 1992 il cosiddetto contrassegno invalidi, autorizzazione che consente la circolazione e la sosta del veicolo adibito al trasporto di una persona con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta anche all’interno delle zone urbane a traffico limitato e delle aree pedonali urbane, è rilasciato alla persona disabile in quanto tale in modo che questa se ne possa servire esponendolo su qualsiasi veicolo adibito in quel momento al suo servizio, su tutto il territorio nazionale, ed anche oltre.

Si conferma infatti la validità del CUDE (acronimo per Contrassegno Unico Disabili Europeo) rilasciato dal Comune di residenza anche per il transito e la sosta in comuni diversi.

Se anteriormente agli arresti giurisprudenziali dell’ultimo biennio, confermati dall’ordinanza in commento, ciò era reso possibile grazie all’istituzione presso il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mims) di una piattaforma informatica, unica e nazionale, per il rilascio del Cude (contrassegno unico disabili europeo) che permette di circolare nelle Ztl e di usufruire degli spazi di sosta riservati, con il fine di semplificare e snellire pratiche e adempimenti.

Con la piattaforma unica, di cui però non si ha notizia di operatività, un cittadino diversamente abile non avrebbe più dovuto preoccuparsi di chiedere l’autorizzazione a circolare nelle Ztl di Comuni diversi da quello di residenza, evitando così adempimenti ulteriori. 

Ora, se la piattaforma fosse effettivamente operativa con ogni probabilità il contenzioso che ha originato la decisione che qui si commenta non sarebbe esistito, si tratta dunque di un sistema quantomeno non efficiente quanto si vorrebbe.

Come sempre la magistratura, risolvendo il caso concreto, fa un passo che supera le previsioni dei Ministeri coinvolti nel progetto di piattaforma testé citato:  gli ermellini infatti ritengono che se la validità del contrassegno – tanto più parlandosi adesso di CUDE – non è limitata al territorio dell’Amministrazione che lo abbia rilasciato, essa è da ritenersi estesa all’intero territorio nazionale non potendo – la libertà di movimento delle persone con disabilità – incontrare ostacoli eventualmente generati dalle difficoltà organizzative delle diverse amministrazioni di transito, che non possono prevedere e porre in essere limitazioni diverse da quelle previste dalla legge.

Le persone con disabilità potranno dunque circolare in tutte le città italiane, e relative ZTL, con il proprio contrassegno.  L’obiettivo è sempre stato quello di semplificare, digitalizzare e ridurre prassi inutili: anche così si migliora la qualità della vita, si tutelano i diritti e si realizza una effettiva inclusione.

Con l’ordinanza in commento si supera, senza speranza di definitività purtroppo, l’obbligo di comunicazione preventiva o successiva del transito in un Comune diverso da quello di rilascio agli uffici comunali o di Polizia Locale, prassi tuttora esistente che comunque non può avere l’effetto di rendere illegittimo l’accesso effettuato dagli aventi diritto, ma serve esclusivamente ad evitare di comminare sanzioni a soggetti legittimati all’accesso, secondo il principio recato da Cass. SC 14.9.2017 n. 21320, considerando che il solo onere imposto è quello della regolare esposizione del permesso valido ritualmente rilasciato che, vale la pena rammentarlo, ha validità solo se la persona con disabilità è a bordo.

Non si rinviene nelle norme applicabili alcun riferimento all’obbligo di comunicazione preventiva, ovvero successiva alla circolazione, obbligo che deriva da una mera prassi adottata da alcune Amministrazioni prassi che non può essere in contrasto con la norma e – qualora lo fosse – deve essere disapplicata.

Continuare a ragionare in termini diversi, come sembra fare la maggior parte dei Comuni italiani, porterebbe a considerare la popolazione disabile non pienamente libera, ma in possesso di una libertà limitata da obblighi di comunicazione che non previsti dalla legge. Un effetto certamente non voluto ma catastrofico

Pur essendosi limitata, processualmente parlando, a confermare propri precedenti conformi Piazza Cavour sanziona l’Amministrazione Capitolina focalizzandosi anche sui sistemi di controllo e sulla loro potenziale inadeguatezza, strutturale e tecnologica, ed è un elemento di estremo interesse.

Chiarendo che non può comunque frapporsi ostacolo alla libertà di locomozione della persona disabile, fondato sulla inefficienza del sistema di controllo automatizzato dell’ente locale territoriale, se non si vuole pervertire lo scopo della legge, si tratta – a mente della ordinanza in commento  – di adeguare i sistemi automatizzati alla fattispecie, attraverso meccanismi di verifica automatizzata del contrassegno esposto.

Dovranno essere adottatisistemi dedicati, destinando apposite risorse e modalità di accertamento; ciò ove l’Amministrazione non voglia esporsi ad elevare verbali sul presupposto erroneo che la circolazione non sia autorizzata, ed ai relativi costi aggiuntivi, come nella fattispecie oggetto di decisione a monte di queste righe.

Quanto sopra nella logica della leale collaborazione con gli utenti della strada, ma partendo dal presupposto che l’esito delle procedure di controllo e di verifica in ordine alla correttezza del transito non può – in alcun caso – porsi presuntivamente a carico del soggetto autorizzato e tenendo presente che la mobilità, ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’individuo e delle opportunità di vita, tanto da essere una precondizione, universalmente riconosciuta per la fruibilità di tutti gli altri diritti, anche fondamentali.

Non è come in precedenza detto un argomento su cui si possa dire la parola fine, ma occorre considerare che – a parere di chi scrive – ogni diversa interpretazione, che porti a reiterare la necessità di comunicazione preventiva o successiva, potrebbe comportare conseguenze ben più gravi per le amministrazioni, configurandosi forse un comportamento – singolarmente o reiteratamente – discriminatorio tendente alla limitazione della libertà di movimento e di circolazione dei cittadini con disabilità.

Di particolare interesse è certamente il riferimento contenuto nell’ordinanza alla dotazione tecnologica dei singoli comuni, che dovrà essere necessariamente adeguata, per elidere una prassi più volte dichiarata illegittima.

Resterà al futuro confermare o meno se – in linea generale – anche l’adeguamento tecnologico e strutturale preconizzato dalla Cassazione rimarrà vittima della ormai imperante visione tendente ad una spending review attuata senza logica.

E’ possibile ipotizzare che l’adeguamento sarà molto più lento di quanto auspicabile, in presenza di un digital divide che affligge le amministrazioni comunali, in particolar modo quelle con estensione territoriale più ridotta, ed il cui onere però non può andare a discapito di una circolazione stradale corretta ed il più possibile non problematica.

Avv. Silvia Assennato

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