Infarto miocardico del lavoratore. La Corte d’Appello di L’Aquila, con la sentenza in epigrafe, ha respinto l’appello avverso la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda degli eredi volta ad ottenere la rendita ai superstiti, D.P.R. n. 1124 del 1965, ex art. 85 (Cassazione Civile, sez. lav., 22/02/2022, ud. 03/11/2021, dep. 22/02/2022, n.5814).

Infarto miocardico del lavoratore e rendita Inail.  Nella motivazione, la Corte di Appello ha premesso le circostanze di fatto allegate dagli appellanti, descritte nei termini che seguono: “Il decesso (…) (in viaggio di lavoro in Cina) e’ avvenuto a causa di una situazione di forte stress lavorativo, determinatasi, a seguito della cancellazione di un volo aereo per maltempo che lo aveva costretto ad una lunga attesa in aeroporto, ad un pernottamento di fortuna in un albergo e ad un successivo viaggio in treno di oltre 700 km, ove aveva dovuto subito partecipare ad una importante riunione, con un periodo di veglia di quasi 24 ore consecutive……..il giorno successivo il lavoratore veniva trovato morto nella camera d’albergo.

Secondo la Corte d’Appello l’infarto miocardico del lavoratore, e il conseguente decesso, non sarebbe collegato alla prestazione lavorativa, ma derivasse dalla esposizione ad un rischio generico (cancellazione del volo per maltempo e quanto poi ne era conseguito) cui possono essere esposti, in modo indifferenziato, tutti coloro che viaggiano in aereo.

Inoltre, l’infarto miocardico del lavoratore, risulta meramente ipotizzato – non risultando effettuato un esame autoptico diretto a stabilire la causa della morte -, ergo, non poteva dirsi in rapporto di derivazione eziologica con l’attività di lavoro.

La vicenda approda in Cassazione.

I ricorrenti deducono che la Corte d’Appello avrebbe errato nella interpretazione della nozione di “causa violenta”, in particolare, richiedendo la prova del nesso eziologico del decesso per infarto miocardico con uno sforzo diretto a vincere dinamicamente una resistenza.

Inoltre, assumono che la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso il collegamento causale dell’evento con l’occasione di lavoro, senza considerare che nel concetto di “occasione di lavoro” sono da ricomprendere anche le attività finalizzate all’esecuzione della prestazione lavorativa, compresi gli spostamenti tra un luogo e l’altro, e che, alla nozione di infortunio in itinere, vanno ricondotti anche gli eventi determinati da rischi a cui è sottoposta la genericità dei viaggiatori, con il solo limite del cd. “rischio elettivo”.

Le doglianze sono fondate.

L’infarto miocardico del lavoratore (e il decesso) è sopraggiunto durante un viaggio di lavoro, nel corso del quale questi, a seguito della cancellazione di un volo aereo, per maltempo, dapprima affrontava una lunga attesa in aeroporto, poi un pernottamento di fortuna, quindi un viaggio in treno di oltre 700 km, per raggiungere la sede di partecipazione ad una riunione, con una veglia di quasi 24 ore consecutive. All’esito di tali eventi, veniva trovato morto nella camera d’albergo.

Pertanto, ha errato la Corte territoriale ad escludere l’infortunio in itinere.

La tutela assicurativa si estende a qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa al luogo di lavoro, ed esclude qualsiasi rilevanza all’entità del rischio o alla tipologia della specifica attività lavorativa cui l’infortunato sia addetto.

La norma tutela, infatti, il rischio generico (quello del percorso) cui soggiace qualsiasi persona che lavori, restando confinato il c.d. rischio elettivo a tutto ciò che sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella tipica “legata al c.d. percorso normale”.

Conseguentemente, la sussistenza di un rapporto finalistico tra il c.d. “percorso normale” e l’attività lavorativa è sufficiente a garantire la tutela antinfortunistica dell’Inail.

E’, dunque, errata la decisione impugnata là dove afferma che il rischio del lavoratore, integrato, in concreto, dalla cancellazione del volo e dagli eventi che ne sono susseguiti, con conseguente riduzione delle pause di riposo fisiologiche, risulta estraneo all’attività lavorativa.

Trattasi, pacificamente, di infortunio in itinere.

La sentenza impugnata viene cassata con rinvio alla Corte di Appello di l’Aquila, in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame.

Avv. Emanuela Foligno

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