Infortunio come unica causa efficiente della malattia psichica. La Corte d’appello di Ancona ha confermato la pronuncia di primo grado che, in parziale accoglimento della domanda proposta dal lavoratore, aveva condannato l’INAIL a costituire una rendita per l’infortunio in itinere, per il quale era residuata un’invalidità permanente parziale pari all’8% (Cassazione Civile, sez. lav., 17/02/2022, ud. 03/11/2021, dep. 17/02/2022, n.5240).

Infortunio come unica causa efficiente della patologia lamentata. La Corte, per quanto qui rileva, ha disatteso l’istanza di rinnovazione della CTU espletata in prime cure e ha ritenuto che la quantificazione del grado di invalidità fosse stata effettuata correttamente, essendosi l’infortunio inserito in un ambito personologico che avrebbe avuto un ruolo rilevante nello sviluppo dei disturbi clinici successivamente rilevati e non ponendosi alcun problema di concorso di cause, dovendo reputarsi l’infortunio come unica causa efficiente della malattia psichica successivamente insorta.

Il lavoratore si rivolge alla Cassazione lamentando che la Corte avrebbe liquidato il danno da invalidità permanente parziale in misura pari al 3%, che rappresenterebbe “il valore già al netto del ritenuto disturbo dell’adattamento (…) e quindi del disturbo della personalità già in fase sub-clinica”.

Il ricorrente deduce che essendo rimasto accertato che egli, prima dell’infortunio, non aveva mai presentato alcuna malattia psichica, i giudici di merito avrebbero dovuto trarne la conseguenza che, in mancanza dell’infortunio, i pregressi tratti caratteriali di “personalità vulnerabile di tipo “maladattativo”” non si sarebbero evoluti nel disturbo psichico invalidante che lo ha successivamente colpito e dunque liquidare il danno per intero, senza procedere ad alcuna diminuzione del quantum debeatur.

Le doglianze sono infondate.

La sentenza impugnata, dopo aver dato atto che le censure riguardavano precisamente “la non corretta quantificazione del danno psichico anche in termini di incidenza delle concause”, ha ricordato come il CTU di prime cure avesse messo in evidenza che l’infortunio occorso all’odierno ricorrente si era caratterizzato per un urto di lieve entità tra due autoveicoli, ritenuto tale da non causare “rilevanti danni fisici”, e che, nondimeno, a causa della presenza “di un disturbo della personalità già in fase subclinica” a carico del ricorrente medesimo, “aveva comportato la nascita di problemi psichici riconducibili al disturbo dell’adattamento non complicato”, quantificandoli in misura pari al 3%.

Gli Ermellini ritengono che sia da escludersi qualunque violazione dell’art. 40 c.p., avendo correttamente ritenuto i giudici territoriali che “l’unica causa della malattia psichica è rappresentata dall’infortunio, (…) minimo nella sua quantificazione, sebbene vissuto in modo molto grave dall’assicurato in ragione della sua peculiare personalità”.

La causa dell’impugnazione, si appunta esclusivamente sulla diagnosi del disturbo psichico effettuata dai CTU di prime cure, che l’odierno ricorrente, sulla scorta del parere del CTP, pretenderebbe invece di ricondurre ad un “disturbo post-traumatico da stress cronico di alto grado”, e conseguentemente sul grado di invalidità che ne è derivato.

Ma tanto l’una, quanto l’altra, sono valutazioni che attengono al merito, non valutabili in Cassazione, esclusa l’ipotesi ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Quando sulla idoneità o inidoneità di un fatto a produrre, o meno, un dato effetto giuridico, è onere della parte interessata impugnarla, onde appunto evitare il formarsi del giudicato interno.

Il ricorso viene integralmente rigettato con conferma, pertanto, delle statuizioni d’Appello che, sulla scorta della CTU, escludono l’infortunio come unica causa efficiente della malattia psichica insorta.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

Invalidità permanente al 33% e danno psichico: lavoratore risarcito

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui