La società committente convenuta non ha fornito prova di avere collaborato per l’eliminazione dei rischi all’interno del magazzino (Tribunale di Venezia, Sez. Lavoro, Sentenza n. 471/2021 del 26/07/2021 RG n. 1057/2020)

Il lavoratore, dipendente di una Società Cooperativa in qualità di operaio di IV livello e mansioni di magazziniere addetto al carico e scarico, espone nella chiamata in giudizio del datore di lavoro, di essere stato adibito all’appalto con cui altra società affidava la movimentazione della merci all’interno del proprio sito e di avere subito in data 26.3.2013 un grave infortunio sul lavoro, mentre stava caricando un autoarticolato di una terza società di trasporti. Ritenendo sussistere la responsabilità della ditta committente per l’infortunio subito, il ricorrente ne chiede la condanna al risarcimento dell’invalidità permanente al 33% e del danno psichico subito, oltre che al rimborso delle spese di consulenza.

La società convenuta non si costituisce in giudizio e la causa viene istruita con l’interrogatorio del ricorrente e con l’audizione di un teste.

Il ricorrente ha convenuto in giudizio sia la società committente sia, con azione diretta, la società assicuratrice con cui la datrice di lavoro aveva in essere un rapporto assicurativo. La domanda è stata successivamente oggetto di rinuncia, con estinzione del giudizio nei confronti dell’Assicurazione, insistendo parte ricorrente solo nelle domande nei confronti della committente.

Il Tribunale ritiene pacifico il contratto d’appalto e ritiene provata la dinamica dell’infortunio.

In particolare, il lavoratore, in data 26.3.2013 stava caricando un camion di una società di autotrasporti con l’ausilio di un transpallet elettrico, allorquando indietreggiando all’esterno del cassone del predetto automezzo dove aveva collocato l’ultimo roll, urtava contro il muletto lasciato fermo dall’autotrasportatore, rimanendo con la gamba incastrata tra il transpallet e il muletto.

Il Tribunale ritiene sussistente anche la responsabilità della committente.

Se infatti la posizione di garante della sicurezza di committente ed appaltatore non è certamente equivalente e non potrebbe imporsi al committente un costante controllo sull’operato dei singoli lavoratori adibiti all’appalto, non vi è dubbio che anche il committente è tenuto a individuare i particolari rischi dell’ambiente di lavoro, eliminandoli o quantomeno riducendoli e collaborando con l’appaltatore per creare un ambiente lavorativo sicuro.

Difatti, il D. Lgs. n. 81/2008 impone un’adeguata segnalazione della zona di sosta dei mezzi utilizzati e di tutti gli ostacoli che si pongono vicino ai veicoli in transito ed impone altresì di fornire adeguate istruzioni in merito alla circolazione e sosta dei mezzi all’interno degli spazi dello stabilimento.

La società committente convenuta non ha fornito prova di avere collaborato per l’eliminazione dei rischi all’interno del magazzino.

Le istruzioni per il carico e scarico degli automezzi affisse alle saracinesche della zona di carico, sono state adottate solo dopo l’infortunio del ricorrente, a riprova che la suddetta convenuta aveva l’obbligo di fornire adeguate istruzioni, ma non vi ha tempestivamente adempiuto.

Significativa è, al riguardo, la dichiarazione del teste escusso che non ricorda che prima dell’incidente siano state date specifiche istruzioni per il posizionamento del transpallet da inserire in apposita area di carico, istruzioni che viceversa sono comparse solo nel luglio 2013, dopo l’infortunio.

Ergo, alla mancata adozione di cautele conseguono la responsabilità solidale di committente ed appaltatore e il diritto del ricorrente al risarcimento del danno non patrimoniale.

Il Giudice fa riferimento alla CTP del ricorrente, correttamente argomentata e motivata, che determina l’invalidità permanente al 33% e quella temporanea complessivamente in 900 giorni.

Oltre a ciò, dalla consulenza di parte emerge che il grado di sofferenza psico-fisica patito dal lavoratore è stato di grado elevato per tutta la durata della malattia e anche attualmente, a postumi stabilizzati, il grado di sofferenza sedimentato deve considerarsi medio-elevato, stante l’elevata probabilità del perdurare, nel futuro, della sintomatologia algico -disfunzionale dell’arto inferiore sinistro.

La suddetta sofferenza psichica deve essere ristorata e vengono utilizzate le Tabelle di Milano, che nella valutazione del punto di invalidità comprendono anche una quota a titolo di danno morale.

Viene anche riconosciuta una personalizzazione in misura pari al 26%.

La somma da corrispondersi al ricorrente deve essere decurtata ex art.1 3 lett. a) D. Lgs. n.38/2000 dal valore della capitalizzazione della rendita ottenuta dall’Inail.

Conclusivamente, il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, condanna la società convenuta a corrispondere al ricorrente l’importo di euro 243.415,00 oltre interessi e l’importo di euro 6.500,00 per spese di lite, oltre accessori di legge, e rimborso forfettario.

Avv. Emanuela Foligno

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