Trauma distorsivo caviglia e polso provocati a causa di una buca non visibile sulla strada (Cassazione Civile, sez. III, 22/02/2022, ud. 21/12/2021, dep. 22/02/2022, n.5751).

Trauma distorsivo per caduta sulla strada. Il danneggiato cita in giudizio il Comune di Roma, davanti al Giudice di Pace, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni patiti a causa della caduta avvenuta a causa della presenza di una buca non visibile esistente sul manto stradale.

Trauma distorsivo alla caviglia destra e al polso sinistro sono i danni lamentati dalla danneggiata.

Il Giudice di Pace rigettava la domanda e condannava l’attrice al pagamento delle spese di lite. La decisione veniva impugnata dall’attrice soccombente e il Tribunale di Roma rigettava l’appello, condannandola alla rifusione delle ulteriori spese del grado.

Contro la sentenza del Tribunale pronunciata in sede di revocazione, l’attrice soccombente ha proposto ricorso per cassazione e la Suprema Corte, con ordinanza 27 febbraio 2019, n. 5725, ha rigettato il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese del relativo giudizio e dell’ulteriore somma di Euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

In tale ordinanza la Suprema Corte ha osservato che il Giudice della revocazione aveva correttamente escluso che la sentenza pronunciata dal Tribunale in grado di appello fosse viziata da errori di percezione, trattandosi, invece, di una valutazione del merito delle prove assunte. Allo stesso modo, è stato ritenuto inammissibile il secondo motivo di ricorso, in quanto il suo contenuto non prospettava un errore revocatorio. In riferimento, invece, al terzo motivo – nel quale la ricorrente aveva lamentato violazione degli artt. 2043 e 2051 c.c. – la Corte di Cassazione ha osservato che la censura atteneva al merito della controversia e non deduceva, quindi, un errore revocatorio.

Contro l’ordinanza la donna propone ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., con atto affidato a quattro motivi.

Sostiene la ricorrente che la sentenza del Giudice di Pace che aveva accertato che ella era caduta in una buca, con esiti di trauma distorsivo alla caviglia e al polso, era da ritenere, su questo punto, passata in giudicato, per cui la sussistenza di un’insidia stradale non poteva più essere messa in discussione.

Le doglianze sono inammissibili.

La Corte rileva che il primo motivo di ricorso non può neppure essere definito tale, posto che la ricorrente usa toni ed accenti del tutto inadatti ad un ricorso di legittimità. Affermare, infatti, che l’ordinanza qui impugnata non pare neppure essere stata scritta da un magistrato della Corte di Cassazione – tanto gravi e numerosi sarebbero gli errori in essa contenuti – significa porre argomentazioni che nulla hanno a che vedere con un ricorso per revocazione e che meriterebbero, piuttosto, di essere sanzionate in altra sede per la loro evidente e gratuita offensività.

Come correttamente ha osservato il Procuratore generale nelle sue conclusioni per iscritto, ribadite poi alla pubblica udienza, questo motivo è inammissibile da un lato perché contiene censure di merito, evidentemente estranee all’impugnazione per revocazione, e dall’altro perché l’ordinanza in esame ha rigettato il primo motivo di ricorso rilevando che esso si sostanziava nella richiesta di una nuova valutazione delle prove.

E’ già stato affermato che nel ricorso per Cassazione, proposto avverso la sentenza emessa nel giudizio di revocazione, non sono deducibili censure diverse da quelle previste dall’art. 360 c.p.c., e, in particolare, non sono denunciabili ipotesi di revocazione ex art. 395 c.p.c., non rilevando in contrario la circostanza che la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione non possa essere a sua volta impugnata per revocazione.

In buona sostanza, “sotto le mentite spoglie di un vizio revocatorio”, vengono contestate le valutazioni delle prove e la valutazione sull’esistenza di dichiarazioni confessorie, punti di puro merito, completamente estranei al perimetro dell’impugnazione per revocazione.

Il ricorso viene respinto poiché integralmente inammissibile.

La redazione giuridica

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