La Fondazione Gimbe esprime le sue preoccupazioni in merito al Def 2019 dal quale “emergono incongruenze e incertezze sul futuro del Ssn”.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il Def 2019 (Documento di economia e finanza). Il Presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, analizza i dati contenuti nel documento fotografando un futuro alquanto incerto per il Servizio Sanitario Nazionale.
“Le previsioni di crescita economica del Paese – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbeemergono in tutta la loro evanescenza se si confrontano le stime messe nero su bianco appena 6 mesi fa”.
Nel triennio 2020-2022 il Pil nominale dovrebbe crescere in media del 2,5% per anno e l’aumento della spesa sanitaria attestarsi sul tasso medio annuo dell’1,4%.
In termini finanziari la spesa sanitaria aumenterebbe così dai € 119.953 milioni stimati per il 2020 ai € 121.358 nel 2021 ai € 123.052 milioni nel 2022.
Per l’anno in corso, invece, a fronte di una crescita del Pil nominale dell’1,2%, il Def 2019 stima una spesa sanitaria di € 118.061 milioni che corrisponde ad una crescita del 2,3% rispetto ai € 115.410 del 2018.
La stima prevedeva un +3,1% nel 2019, +3,5% nel 2020 e +3,1% nel 2021. Il nuovo documento fa precipitare la crescita all’1,2% per quest’anno (-1,9%), al 2,6% per il prossimo (-0,9%) e al 2,5% per il 2021 (-0,6%).
Le promesse di un aumento delle risorse per la sanità, pari rispettivamente a 2 e a 1,5 miliardi, appaiono quindi molto ardue.

Incongruenza tra stime e risorse

Il Def 2019, commenta Nino Cartabellotta, “aumenta le preoccupazioni per la sanità per tre ragioni fondamentali: innanzitutto, per il 2019 le stime sono incongruenti con le risorse assegnate dalla legge di Bilancio; in secondo luogo, se le stime per il 2020-2021 sono allineate con gli incrementi previsti del Fondo sanitario nazionale, questi oltre che alla sottoscrizione di un Patto per la Salute, ancora in stallo, sono legati a utopistiche previsioni di crescita economica. 
Infine, su tutto aleggia lo spettro della clausola di salvaguardia, ovvero il blocco di 2 miliardi di euro di spesa pubblica in caso di deviazione dall’obiettivo di indebitamento netto, che probabilmente colpirà la sanità come paventato dall’Ufficio parlamentare di bilancio dopo la pubblicazione della manovra».

Spesa sanitaria/Pil

La spesa sanitaria cresce meno del Pil nominale per questo non potrà coprire – allo stato attuale delle cose – l’aumento dei prezzi del settore sanitario che oltretutto è superiore all’indice generale dei prezzi al consumo.
“In altre parole – puntualizza Cartabellotta – la crescita media della spesa sanitaria dell’1,4% nel triennio 2020-2021 stimata dal Def 2019 nella migliore delle ipotesi potrà garantire al Ssn lo stesso potere di acquisto solo se la ripresa economica rispetterà previsioni più che ottimistiche, ovvero una crescita media del Pil del 2,5% per il triennio 2020-2021”.
“Delle cifre assolute riportate nel Def – continua il Presidente – è bene non fidarsi, soprattutto nel medio termine, perché le risorse assegnate alla sanità dalle Leggi di Bilancio risultano sempre inferiori alle stime del Def sulla spesa sanitaria“.
Ad esempio, per l’anno 2018 la stima di € 121,3 miliardi di spesa sanitaria del Def 2014 è precipitata a € 117,7 con il Def 2015, quindi a € 116,2 con il Def 2016 e a € 115,1 con il Def 2017, per arrivare ad un finanziamento reale di € 113,4 miliardi con la Legge di Bilancio 2018.
Nel Def 2019 il rapporto spesa sanitaria/Pil rimane identico al 2018 (6,6%) per gli anni 2019 e 2020, per poi ridursi al 6,5% nel 2021 e al 6,4% nel 2022. “Queste previsioni – conclude Cartabellotta – smentiscono l’inversione di tendenza incautamente annunciata dal Premier Conte nel giugno 2018 in occasione del discorso per la fiducia e sono identiche a quelle dei Def (e dei Governi) precedenti, dove all’incremento atteso della crescita economica corrisponde sempre una riduzione del rapporto spesa sanitaria/Pil.
Questa strategia di finanza pubblica documenta inequivocabilmente che per tutti i Governi che si sono succeduti negli anni, compreso il cosiddetto Governo del Cambiamento, la sanità non ha mai rappresentato una priorità politica.
Infatti, quando l’economia è stagnante la sanità si trasforma automaticamente in un bancomat al portatore, mentre in caso di crescita economica i benefici per il Ssn non sono proporzionali, rendendo di fatto impossibile un rilancio del finanziamento pubblico”.
 

Barbara Zampini

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