Le mansioni hanno obbligato il lavoratore a posture incongrue e hanno determinato un sovraccarico biomeccanico sulla colonna vertebrale lombare che ha causato, ovvero concausato, il manifestarsi di una lombalgia ed il formarsi di discopatie ed ernie lombari (Tribunale di Terni, Sez. Lavoro, Sentenza n. 330/2021 del 14/09/2021-RG n. 299/2019)

Il lavoratore cita a giudizio l’Inail, premettendo di avere infruttuosamente esperito la procedura amministrativa, onde vedere dichiarata la natura professionale e il diritto al beneficio dell’erogazione in suo favore dei benefici previdenziali previsti nella misura di legge. In particolare, deduce il ricorrente: di avere lavorato per oltre quarant’ anni nell’edilizia, dapprima come apprendista e poi come titolare di ditta edile fino al 31.12.1980 occupandosi di ristrutturazione, muratura e demolizioni; che da 1981 al 1997 ha svolto mansioni di muratore specializzato, carpentiere, movimentazione palanche (grosse travi per ponteggi), conduzione mezzi pesanti come camion a tre assi con gru, motopale, escavatori, subendo vibrazioni del mezzo; che dal 1997 al 2017 ha lavorato come addetto ad un impianto di frantumazione in cava svolgendo operazioni di movimentazione pietre e pietrisco sia con macchine che manualmente, espletando anche attività di riparazioni e conduzione di macchine operatrici tipo motopala gommata ed altre attività manuali inerenti queste mansioni; che a causa di questa attività ha sviluppato discopatie ed ernie lombari per cui il 16.10.2017 domandava all’Inail il riconoscimento della malattia professionale; che l’Istituto respingeva la domanda ritenendo il rischio non idoneo.

Il Giudice dispone prove testimoniali e Consulenza Tecnica Medico-Legale e, all’esito dell’attività istruttoria, ritiene la domanda fondata.

Uno dei testi ascoltati, collega di lavoro del ricorrente, ha dichiarato ” il ricorrente era addetto all’impianto frantumazione, mentre io facevo l’autista di dumper; entrambi lavoravamo all’aperto presso le cave; lui di solito era all’interno della cabina comandi, che era fissa; talvolta, guidava motopale ed escavatori; il ricorrente si occupava anche di sostituire parti dell’impianto di frantumazione; tali parti erano molto pesanti, nell’ordine di 60/70 kg; di solito sollevavamo tali pezzi insieme, in due, altre volte da soli se si trattava di pesi minori, fino a 35 /40 kg; per pesi maggiori utilizzavamo la gru; lavoravamo 8 ore al giorno, talvolta su turni, dal lunedì al venerdì, sempre all’aperto; il pavimento della cava era sconnesso…… preciso che tutte le mattine dovevamo rimuovere dai nastri trasportatori dell’impianto di frantumazione il pietrisco che si era accumulato, lo facevamo con pale; preciso inoltre che le riparazioni, con sollevamento di parti pesanti dell’impianto, avvenivano in media una volta ogni una o due settimane; questo per quanto riguarda la manutenzione ordinaria; tuttavia a volte capitava che si rompesse qualche pezzo, e dovevamo allora comunque intervenire” .

Altro teste, collega di lavoro del ricorrente per circa 8 anni, ha sostanzialmente confermato di avere lavorato con il ricorrente presso i cantieri edili dove quest’ultimo si occupava di mansioni varie, quali muratore, carpentiere, ferraiolo; faceva anche le fognature e le tubature, sollevava palanche di legno della lunghezza di 20 mt circa, spesse circa 5 cm, che pesavano circa 10/15 kg ciascuna.

Altri due testi hanno confermato le lavorazioni svolte dal ricorrente.

Ciò posto, la CTU Medico-Legale ha evidenziato “I quesiti proposti consistono nell’accertare se questa malattia riconosca o meno origine professionale, tenuto conto della attività di lavoro svolta, della esposizione al rischio, dei due precedenti interventi chirurgici di asportazione di ernie lombari, delle considerazioni dell’Istituto, della documentazione medica prodotta e di quant’altro deducibile dagli atti di causa depositati. -Sul punto si rappresenta che la prolungata e costante attività di lavoro svolta nel corso della quale il ricorrente ha subito vibrazioni, scossoni, concussioni, trazioni -distrazioni sulla colonna vertebrale lombare sia per le reiterate sollecitazioni meccaniche esterne derivate dalla conduzione di mezzi pesanti come camion a tre assi con gru, motopale, escavatori e quant’altro producesse vibra zioni estrinsecate sulla colonna vertebrale, e sia per il ripetuto sforzo manuale e muscolare con fulcro sul tronco derivato dalla attività di lavoro di muratore e carpentiere movimentando palanche e quant’altro e poi in una cava di basalto movimentando pietre e pietrisco sia con macchine che manualmente, riparando anche macchine operatrici ed attuando altre attività manuali inerenti queste mansioni, hanno obbligato il ricorrente a posture incongrue ed hanno determinato un sovraccarico biomeccanico sulla colonna vertebrale lombare, che ha causato ovvero concausato, probabilmente anche in soggetto predisposto, il manifestarsi di una lombalgia ed il formarsi di discopatie ed ernie lombari. La circostanza dei due interventi chirurgici di asportazione di ernie lombari avvenute in epoca remota (1976 e 1987), non riduce né esclude l’esposizione al rischio derivante dalla attività di lavoro usurante che si è prolungato per trenta anni, fino al 2017, rischio che pertanto ha determinato causalmente ovvero concausalmente la malattia professionale denunciata. -A margine si rappresenta che già nel 2009 il medico competente aveva elencato i fattori di rischio connessi alla mansione di lavoro ed aveva dichiarato soggetto idoneo con limitazioni di usare mezzi che producono vibrazioni al corpo intero ed evitare movimentazione manuale reiterata e repentina di gravi di peso > 10 Kg, che aveva ribadito nella visita del 2016. -A margine si rappresenta ancora per completezza di indagine che all’udienza dell’8.1.2020 risultano a verbale diverse testimonianze che confermano l’attività usurante per la colonna vertebrale svolta dal soggetto. Pertanto sulla base di queste considerazioni, si ritiene che la patologia della colonna lombare riconosce origine professionale in forma di maggior danno, e che sulla base dei riferimenti per analogia dei codici 209 e 213 delle tabelle di cui al D.M. n. 119 del 12.7.2000, determina un maggior grado di invalidità permanente rispetto al grado di invalidità residuato prevedibilmente agli interventi chirurgici più volte richiamati, valutabile nella misura del 6% della validità residua totale, come maggior danno biologico. Ai quesiti proposti si risponde nei termini seguenti: il ricorrente è affetto dalla malattia professionale denunciata, che è stata contratta per cause di lavoro secondo quanto già specificando nella presente relazione, e che in un soggetto già sottoposto a due diversi interventi di asportazione di ernie discali lombari, concausa e determina un maggior danno biologico valutabile nella misura del 6% della totale”.

Tanto accertato dal consulente d’Ufficio, il Giudice rammenta che ai sensi del T.U. 1124 del 1965 la soglia minima di indennizzabilità per infortuni sul lavoro e malattie professionali era fissata all’11%.

Invece, successivamente, con il D.Lvo n.38 del 2000 è stata introdotta una diversa disciplina delle situazioni indennizzabili stabilendo, per postumi invalidanti pari o superiori al 6%, l’erogazione di un indennizzo e per postumi superiori al 16 % la costituzione della rendita (art.13).

La nuova disciplina si applica agli infortuni sul lavoro verificatisi ed alle malattie professionali denunciate a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto ministeriale n.172 del 25.7.2000.

Per tali ragioni, il ricorrente ha diritto alla costituzione della rendita di cui all’art.13 comma 2 lett.a) del D.Lvo 38 del 2000, in proprio favore, per una inabilità pari al 6 % .

Per l’Inail, conseguentemente, sorge l’obbligo di erogare le provvidenze economiche maturate, oltre a gli interessi legali dalla scadenza del 120° giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa al saldo.

Conclusivamente, il Giudice del Lavoro:

a) accerta e dichiara che il danno biologico ai sensi del D.Lgs. 38/2000 derivante dalla malattia professionale è valutabile nella misura del 6%;

b) dichiara il diritto del ricorrente a percepire il relativo indennizzo di cui all’art.13 comma 2) del D.Lvo n.38 del 2000 nella misura del 6%, e condanna l’Inail ad erogare la prestazione con decorrenza dalla domanda amministrativa, oltre interessi legali e rivalutazione moneta ria;

c) condanna altresì l’Inail al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 1.800,00, oltre spese e accessori:

d) pone a carico dell’Inail le spese di CTU Medico-Legale.

Avv. Emanuela Foligno

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