Rosaria Amato aveva riportato un trauma vertebro-midollare nel corso dei disordini in Piazza San Carlo del 3 giugno 2017. E’ deceduta al CTO di Torino

Non ce l’ha fatta Rosaria Amato, la 65enne rimasta tetraplegica dopo i disordini in Piazza San Carlo a Torino del 3 giugno 2017. La donna era stata travolta dalla folla in preda al panico, riunitasi per assistere alla proiezione della finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid. Aveva riportato un trauma vertebro-midollare. Negli ultimi giorni si erano manifestati i sintomi di un’infezione che ha causato il peggioramento delle sue condizioni respiratorie. Per questo motivo, nel pomeriggio del 23 gennaio, si era rivolta al pronto soccorso del CTO del capoluogo piemontese.

Gli esami, spiegano dall’ospedale, “hanno evidenziato un versamento pleurico, che è stato drenato e la sua difficoltà respiratoria è stata sorretta con ventilazione non invasiva”. Ricoverata in Terapia Intensiva “ha espresso con lucidità e fermezza la volontà che la terapia, soprattutto il supporto respiratorio, non prevedesse mezzi invasivi”. Il tutto nella consapevolezza che, qualora la ventilazione non invasiva non risultasse sufficiente, “questa decisione avrebbe potuto portarla ad un peggioramento fatale”. Ieri mattina è sopraggiunto il decesso.

Rosaria Amato è la seconda vittima degli incidenti di quella tragica serata.

Nella calca era rimasta schiacciata anche la trentottenne Erika Pioletti, morta dopo pochi giorni per le gravi conseguenze delle ferite. La vicenda ha portato all’apertura di due processi. Uno dei procedimenti, incentrato sulle presunte carenze organizzative, vede coinvolta anche la sindaca di Torino Chiara Appendino e l’allora questore, con altre tredici persone. Le accuse sono di disastro, lesioni e omicidio colposo. All’udienza preliminare era presente anche Rosaria Amato, costituitasi parte civile.

Su quanto accaduto alla 65enne, inoltre, era stato aperto anche un altro fascicolo che vedeva indagati, per lesioni colpose, due medici dell’ospedale Molinette. Secondo l’ipotesi accusatoria i camici bianchi non si sarebbero accorti della lesione alla colonna vertebrale della paziente. Quest’ultima inchiesta, in ogni caso, dovrebbe rimanere autonoma rispetto agli altri procedimenti, per i quali è possibile invece un’unificazione.

 

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