Confermata in Cassazione la responsabilità del titolare di una rosticceria per l’infortunio occorso a un dipendente (dito reciso dalla lama circolare per il kebab)
Il datore di lavoro, ai fini della prevenzione degli infortuni, ha il compito di informare i lavoratori che operano sul macchinario istruendoli sulle modalità del suo utilizzo e sulle prescrizioni del manuale di funzionamento. Lo ha chiarito la Suprema Corte con la sentenza n. 46167/2021 respingendo il ricorso del titolare di una rosticceria condannato in sede di merito per il reato di lesioni colpose, con violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, in danno di un suo dipendente. Quest’ultimo, allorché eseguiva l’operazione di pulizia ed affilatura della lama per il kebab, si procurava una grave lesione al quinto dito della mano destra, che veniva quasi completamente reciso dalla lama circolare che stava affilando. L’operazione veniva compiuta, secondo l’accusa, senza tenere conto delle istruzioni del manuale a corredo della macchina: ossia, in particolare, azionando il coltello elettrico, senza l’utilizzo di guanti antitaglio, utilizzando una mola (un piccolo pezzo di pietra abrasiva) diversa da quella che corredava l’attrezzo, rimuovendo indebitamente la protezione inferiore della lama. Al datore si addebitava, nella sua qualità di garante della sicurezza dei lavoratori, di non avere valutato il rischio nel DVR, di non avere istruito i dipendenti sulle modalità corrette di esecuzione dell’operazione di affilatura, di non avere fornito loro il libretto di istruzioni del coltello, ciò che aveva tra l’altro causato l’esecuzione della manovra a seguito della rimozione della protezione di sicurezza a corredo del coltello.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente deduceva violazione di legge e vizio di motivazione, anche con travisamento della prova: in particolare, contestava che il dipendente non fosse stato istruito in ordine all’esecuzione della manovra di affilatura, laddove, sotto altro profilo, era stato lo stesso danneggiato a dichiarare che la manovra corretta veniva in realtà utilizzata, ma solo in occasione di operazioni rapide ed estemporanee: era evidente, dunque, che, se il lavoratore non fosse stato addestrato all’esecuzione di detta manovra, egli non avrebbe saputo eseguirla neppure nelle operazioni di affilatura più veloci. Nel ricorso si eccepiva altresì che il datore non avesse posto a disposizione dei dipendenti il manuale di istruzioni, manuale che invece (come dichiarato da un teste) era presente unitamente alla confezione della lama, la quale conteneva anche una specifica mola per l’operazione di affilatura del coltello. Inoltre, non rispondeva a verità che l’imputato non avesse curato la formazione dei dipendenti, i quali invece avevano seguito due corsi (uno dei quali era il corso HACCP) ed erano stati addestrati all’impiego della mola originale. Che i dipendenti fossero stati regolarmente formati sull’uso corretto dell’attrezzo risultava da alcune deposizioni testimoniali (anche richieste dal P.M.), che deponevano nel senso della corretta istruzione dei dipendenti da parte del ricorrente; la Corte di merito non aveva poi tenuto conto delle dichiarazioni dell’ispettore ASL, secondo il quale per il corretto utilizzo della macchina non era necessario l’impiego di guanti e l’unico modo per istruire il personale sull’uso della macchina era quello di mostrare come si eseguivano le operazioni. Del resto, l’ASL non aveva emesso alcuna prescrizione nei confronti del datore di lavoro. Conclusivamente, il ricorrente evidenziava che i giudici dell’appello avevano in più passaggi travisato le prove assunte e che il comportamento del lavoratore doveva essere qualificato come abnorme.
Gli Ermellini, tuttavia, non hanno ritenuto di aderire alle doglianze proposte.
Pur a fronte delle contestazioni del ricorrente – hanno sottolineato dal Palazzaccio – “é dato constatare che l’impiego concreto del coltello da kebab da parte dei dipendenti dell’esercizio, anche alla luce degli stralci di testimonianza inseriti nell’atto di ricorso, deponeva per un’istruzione certamente lacunosa sulle corrette modalità d’uso dello strumento, che veniva impiegato in molti casi – e certamente anche in occasione dell’infortunio per cui é processo – secondo modalità pericolose. Non rileva, infatti, che l’esecuzione dell’affilatura senza procedere alla rimozione della protezione di sicurezza fosse nota ai lavoratori (come intende dimostrare il ricorrente, onde provare la contraddittorietà della tesi d’accusa, ricavando la circostanza dalla distinzione descritta dai testimoni fra le operazioni di affilatura rapida e le altre operazioni di affilatura), occorrendo constatare che essi in realtà rimuovevano comunque tale protezione nelle operazioni più accurate e meno estemporanee”. Che tale condotta fosse difforme rispetto alle corrette azioni di affilatura dello strumento si ricavava dalle dichiarazioni dell’ispettore dell’ASL, secondo il quale la rimozione della protezione del coltello non era necessaria per l’esecuzione dell’operazione, essendo all’uopo sufficiente il parziale sollevamento e l’inserimento della mola. “E’ chiaro che la funzione della protezione era anche quella di effettuare in sicurezza le operazioni di manutenzione dell’apparecchio, di tal che le circostanze riferite dai lavoratori e riportate nel ricorso non inficiano, ed anzi confermano, il quadro accusatorio sotto questo specifico profilo”.
Anche il riferimento generico del ricorrente alla frequentazione di due corsi da parte dei dipendenti dell’imputato (uno dei quali era il corso HACCP) non forniva prova dell’adeguata istruzione del personale dell’esercizio circa le corrette operazioni di manutenzione del macchinario. Certamente a tali lacune formative non aveva supplito la circostanza, asserita da alcuni testi, secondo la quale il manuale di istruzioni sarebbe stato presente presso il negozio.
A fronte di ciò, risultava incontestato che il datore non aveva effettuato alcuna valutazione del rischio specifico sul DVR; di tal che la carente formazione del personale sul modo di fronteggiare i rischi derivanti dalle operazioni di affilatura assumeva rilievo ai fini della sua responsabilità, atteso che, “in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare idonee misure di sicurezza anche in relazione a rischi non specificamente contemplati dal documento di valutazione dei rischi, così sopperendo all’omessa previsione anticipata”.
Di contro, doveva escludersi che il lavoratore avesse riportato le lesioni di cui in rubrica a causa di un suo comportamento qualificabile come abnorme, atteso che egli stava eseguendo, nell’occorso, mansioni proprie della sua attività lavorativa, secondo modalità certamente scorrette ma imputabili alle anzidette carenze formative. La Cassazione, al riguardo, ha ricordato “che può parlarsi di condotta abnorme del lavoratore, come tale interruttiva del nesso di condizionamento, in ordine alla condotta che si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso, non perché “eccezionale” ma perché eccentrica rispetto al rischio lavorativo che il garante é chiamato a governare; ed é di tutta evidenza che ciò non può affermarsi con riferimento all’infortunio occorso al lavoratore nel caso di specie”.
La redazione giuridica
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