Il lavoratore invoca il riconoscimento del diritto alla rendita nella misura del 18% complessivo per aggravamento dei postumi derivanti da infortunio già riconosciuti nel 14% (Tribunale di Crotone, Sez. Lavoro, Sentenza n. 309/2021 del 06/04/2021 RG n. 1717/2016)

Il lavoratore, essendogli stato riconosciuto il diritto all’indennizzo in capitale nella misura del 14% con sentenza del Tribunale di Crotone n. 583/2013 in relazione ai postumi derivanti da infortunio sul lavoro avvenuto in data 14.1.2018, avendo proposto domanda di revisione per aggravamento con esito negativo per la mancanza di accertamenti medici a supporto, chiede al Tribunale di accertare il diritto alla rendita nella misura del 18%.

Si costituisce in giudizio l’Inail contestando la derivazione causale dell’aggravamento dall’esposizione al rischio lavorativo poiché non indicata la fonte di rumore che avrebbe determinato il lamentato aggravamento.

La causa viene istruita mediante CTU Medico-legale rinnovata con sostituzione del consulente tecnico, al cui esito la domanda è ritenuta fondata.

Il Tribunale specifica che ai sensi dell’art. 13, comma 4, D.Lgs 38/2000: “Entro dieci anni dalla data dell’infortunio, o quindici anni se trattasi di malattia professionale, qualora le condizioni dell’assicurato, dichiarato guarito senza postumi d’invalidità permanente o con postumi che non raggiungono il minimo per l’indennizzabilità in capitale o per l’indennizzabilità in rendita, dovessero aggravarsi in conseguenza dell’infortunio o della malattia professionale in misura da raggiungere l’indennizzabilità in capitale o in rendita, l’assicurato stesso può chiedere all’istituto la liquidazione del capitale o della rendita, formulando la domanda nei modi e nei termini stabiliti per la revisione della rendita in caso di aggravamento. L’importo della rendita è decurtato dell’importo dell’eventuale indennizzo in capitale già corrisposto. La revisione dell’indennizzo in capitale, per aggravamento della menomazione sopravvenuto nei termini di cui sopra, può avvenire una sola volta”.

Ne consegue che gli elementi costitutivi del diritto alla rendita, in caso di malattia professionale già indennizzata in capitale, sono la domanda di revisione, l’aggravamento dello stato di salute verificatosi nel termine di 15 anni e la riconducibilità causale dell’aggravamento alla malattia professionale con raggiungimento del grado di menomazione superiore al 16%.

Secondo il tenore letterale della norma, trova conferma il principio consolidato della giurisprudenza secondo cui il diritto alla revisione della rendita prestabilito dall’art. 83 del D.P.R. n. 1124 del 1965, presuppone che l’aggravamento derivi dalla naturale evoluzione dell’originario stato morboso di natura professionale, mentre, non rileva l’aggravamento dovuto a preesistenze extra lavorative ovvero a concause sopravvenuta di origine extra lavorativa.

Il peggioramento può derivare dal naturale processo morboso, oppure da eventi esterni che si aggiungono ad esso. In ogni caso, la norma richiede il nesso di causalità tra il peggioramento e l’infortunio o la malattia professionale.

Il ricorrente, riportava in data 14.1.2008 un “trauma spalla sx con rottura del capo lungo del bicipite brachiale” perdendo la presa di una piantana in metallo del peso di 40 kg mentre era intento a svolgere la propria attività lavorativa.

Il Tribunale di Crotone gli riconosceva nel 2013 un grado complessivo di menomazione pari al 14%, mentre il CTU ha accertato che “gli esiti dell’infortunio consistono in: arto superiore sx con lesione intratendinea del sovra spinato, lesione completa del Capo lungo del bicipite omerale con doccia bicipitale disabitata, osteoartrite acromion claveare con limitazione funzionale a meno di ½ dei movimenti propri della spalla ed ipotonotrofismo del Grande pettorale e bicipite e tricipite brachiale”. Sulla base delle voci n. 223 e 226 di cui alle tabelle di cui al D.M. 12.07.2000 allegate al D. Lvo n. 38/2000 il grado di menomazione è stimabile nella misura complessiva del 16%. ..(..).. l’intero quadro patologico disfunzionale rilevato a carico dell’arto superiore sinistro è riconducibile all’evento traumatico del gennaio 2008 che, invero, aveva agito, secondo quanto riscontrato dalla documentazione sanitaria esibita, su un substrato sano”.

In sede di ulteriori chiarimenti depositati in data 7.2.2020 specificava il CTU “il trauma della spalla sx con lesione della cuffia dei rotatori aveva determinato una inevitabile instabilità di spalla o volendola definire in termini più semplici una alterazione dell’equilibrio della spalla stessa. Così come riconosciuto da scienza medica. Tale condizione ha comportato il sovraccarico funzionale delle strutture muscolo-tendinee non direttamente interessate dall’originario trauma con inevitabile loro iniziale usura”, conseguentemente ritenendo che il riconosciuto aggravamento dal 14% al 16%, verificatosi al momento della presentazione della domanda di revisione passiva in data 02-10-2015, “sulla scorta di un criterio di tipo statistico e della continuità fenomenologica rapportato alla progressiva evoluzione della sindrome post-traumatica della cuffia dei rotatori” sia riconducibile al medesimo processo patologico innescato dall’infortunio del 14.1.2008 e, dunque, riconducibile all’attività lavorativa svolta .

Il Tribunale condivide le valutazioni peritali che, oltretutto, non sono state contestate dalle parti.

Viene dunque ritenuto accertato l’aggravamento del quadro patologico del ricorrente dal 14% al 16% con conseguente diritto all’indennizzo tramite rendita in capitale.

Le spese di lite vengono poste a carico della parte resistente.

In conclusione, il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, dichiara il diritto del lavoratore a conseguire la rendita per infortunio sul lavoro nella misura del 16% a decorrere dal 2.10.2015 e condanna l’Inail al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 2.282,00 oltre accessori.

Avv. Emanuela Foligno

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