Nonostante il riconoscimento giudiziale del mobbing al lavoratore l’Inail nega l’indennizzo per intervenuta prescrizione del diritto (Tribunale di Fermo, Sez. Lavoro, Sentenza n. 76/2021 del 07/04/2021- RG n. 225/2020)

Con ricorso del 30.4.2020 il lavoratore, cita a giudizio l’Inail esponendo:

  • di esser dipendente presso l’Azienda ospedaliera ed in servizio presso l’ unità operativa distaccata, con qualifica di dirigente medico assunto dal mese di febbraio del 1999;
  • che, mentre egli era in servizio presso l’ unità operativa con determina 26 maggio 2005 era stata istituita l’unità operativa semplice Chest Pain Unit;
  • che con determina 31 ottobre 2005 gli era stato conferito l’incarico triennale della predetta struttura semplice, con decorrenza luglio 2005;
  • che, con determina 26 maggio 2009, l’incarico in parola gli era stato confermato per un ulteriore triennio, a seguito della valutazione positiva maturata;
  • di esser stato progressivamente escluso, dal 2009, dal servizio in reparto, venendo assegnato alternativamente all’ ambulatorio, alle consulenze nei vari reparti od ai turni di guardia interna o notturna, senza gestione diretta dei pazienti ricoverati in reparto, e privato dell’ espletamento delle mansioni proprie di responsabile;
  • di aver instaurato giudizio cautelare per il ripristino delle mansioni e di aver accettato, in sede conciliativa, la proposta datoriale di trasferimento presso l’Ospedale nell’U.O.S. di Chest Pain Unit;
  • che il suo ricorso giudiziale per mobbing era stato accolto e gli era stato liquidato un danno biologico quantificato in euro 154.129,00 nel giudizio di primo grado, mentre in sede d’appello era stato rigettato il ricorso;
  • di aver avanzato nel luglio del 2018 istanza all’Inail al fin e di vedersi riconosciuta la malattia professionale, ma la domanda era stata rigettata per mancata riconducibilità della patologia contratta alle mansioni espletate e dunque al rischio lavorativo;
  • che la fase di opposizione amministrativa era stata rigettata con provvedimento del 15 febbraio 2020.

Si costituisce in giudizio l’Inail eccependo preliminarmente l’intervenuta prescrizione del diritto ai termini dell’art. 112 del DPR n. 1124/1965 e l’assenza di prova del nesso di causalità tra ambiente lavorativo e malattia professionale.

La causa viene istruita attraverso la produzione documentale.

Dalle allegazioni e produzioni emerge che il Medico ricorrente il 25 luglio 2018 ha avanzato all’I.N.A.I.L. domanda di riconoscimento dell’eziologia professionale della patologia di disturbo dell’adattamento con ansia e umore depresso misti ad insonnia, ritenendola correlata agli atteggiamenti progressivi di esclusione dal contatto con i pazienti e di privazione delle mansioni tipiche del responsabile.

A seguito del rigetto per insussistenza del rischio lavorativo, con atto del 12 luglio 2019 il Medico presentava ricorso in via amministrativa che non veniva accolto.

Preliminarmente, il Giudice, analizza l’eccezione di prescrizione del diritto avanzata dall’Inail.

Ai sensi dell’art. 112 DPR 1124/1965 l’azione per conseguire le prestazioni si prescrive nel termine di tre anni dal giorno dell’infortunio o da quello della manifestazione della malattia professionale.

Il termine inizia a decorrere dalla conoscibilità della malattia, che non presuppone l’acquisita certezza della sussistenza del diritto anche nei profili tecnico giuridici, ma implica che il lavoratore sia ben consapevole sia dell’esistenza della malattia, intesa come alterazione patologica di entità tale da consentire l’esercizio del diritto alla rendita, sia del suo carattere professionale.

Al riguardo si è pronunziata la Consulta (206/1988) stabilendo che la decorrenza del termine triennale di prescrizione dell’azione volta a conseguire la rendita di inabilità permanente va individuata dal momento della manifestazione della malattia, ovvero quando sussistano uno o più fattori concorrenti che diano certezza della esistenza dello stato morboso e della normale conoscibilità di esso da parte dell’assicurato .

Generalmente, tale situazione coincide con l’accertamento medico dei postumi consolidati e definitivi della patologia e della sua eziologia professionale.

In ciò bisogna anche tenere conto del raggiungimento della soglia minima per la indennizzabilità della malattia e tale momento, se non coincidente con la manifestazione della patologia, assume decisivo rilievo per la decorrenza della prescrizione.

Significativa, a tal proposito, la circostanza che il lavoratore si sia sottoposto ad esami diagnostici per l ‘accertamento della patologia, dovendosi presumere che egli abbia avuto conoscenza del relativo esito al momento dell’espletamento delle indagini cliniche.

In altri termini, la manifestazione della malattia professionale, rilevante ai fini della individuazione del momento iniziale della decorrenza del termine triennale di prescrizione, può ritenersi verificata quando sussiste l’oggettiva possibilità che l ‘esistenza della malattia ed i suoi caratteri di professionalità unitamente all’indennizzabilità, siano conoscibili dal soggetto interessato, ovvero riconoscibili sulla base delle conoscenze scientifiche del momento.

Il ricorrente è un Medico e dunque è in possesso delle cognizioni specialistiche per avvedersi della malattia che l’aveva colpito sin dai primi riflessi sulla sua persona della condotta volta ad emarginarlo e privarlo della responsabilità.

Possono senz’altro essere considerati indicativi di tale consapevolezza i numerosi certificati medici prodotti unitamente al ricorso cautelare ed al ricorso di merito di primo grado proposti dal ricorrente:

  • certificato di Pronto Soccorso dell’ospedale di Ascoli Piceno del 26 ottobre 2010 con diagnosi di attacco d’ansia reattivo;
  • certificato medico del 2 novembre 2010 con diagnosi di emicrania da vomito;
  • referto di Pronto Soccorso dell’ospedale di Ascoli Piceno del 22 febbraio 2011 con diagnosi di stato d’ansia reattivo, riferito cardiopalmo;
  • referto dello Psichiatra del 2 marzo 2011, in cui si certifica lo sviluppo di una sintomatologia ansioso reattiva con somatizzazioni sin dal mese di ottobre del 2010 in conseguenza di eventi stressanti legati all’ambiente lavorativo;
  • referto di Pronto Soccorso dell’ospedale del 28 marzo 2013 in cui si certifica una crisi ipertensiva durante l’orario lavorativo con stato ansioso reattivo da stress e si stila una diagnosi di crisi ipertensiva in corso di stato ansioso reattivo;
  • referto medico dell’11 giugno 2013 in cui si accertano importanti radicali ansiosi con aspetti di somatizzazioni pluriviscerali, disturbi del sonno con risvegli improvvisi ed episodi di tachicardia;
  • relazione del Medico legale in cui si accertano sintomi depressivi ed ansiosi fonti di disturbo dell’adattamento.

Appare chiaro, quindi, come già nei primi mesi del 2011 e comunque al 2 marzo 2011, il ricorrente, al di là della sua qualifica di Medico, fosse consapevole della sindrome ansioso depressiva legata ai rapporti con il direttore dell’unità operativa e dei risvolti medico -legali.

Ergo, a partire dal 2011 risultavano ben conoscibili e percettibili gli effetti della patologia azionata con domanda amministrativa all’Inail di disturbo dell’adattamento con ansia e umore depresso misti ad insonnia e disturbo da insonnia cronico.

Ne discende la maturazione del termine di prescrizione triennale, se si considera che la domanda all’I.N.A.I.L. è stata presentata solo nel luglio dell’anno 2018.

Conseguentemente il ricorso azionato è inammissibile per prescrizione del diritto alla rendita Inail.

Assorbenti gli ulteriori profili correlati alla sussistenza del nesso di causalità tra patologia denunciata ed ambiente lavorativo.

Le spese di lite seguono le regole della soccombenza.

In conclusione, il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, dichiara la inammissibilità del ricorso per intervenuta prescrizione e condanna il ricorrente alla rifusione in favore dell’Inail delle spese di lite.

Avv. Emanuela Foligno

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