Nel 2014 il Tribunale di Massa aveva accolto le domande di cinque lavoratori, tutti dipendenti della stessa società, al fine di ottenere il diritto al risarcimento del danno biologico seguito all’accertamento medico legale del nesso causale tra la malattia denunciata e l’esposizione all’amianto

Aveva invece rigettato analoghe istanze introdotte da altri due ricorrenti perché la CTU aveva negato in loro la presenza di patologie anche solo psichiche derivanti da tale esposizione. Ed infine, aveva negato le domande di tutti i ricorrenti in ordine al risarcimento del danno esistenziale perché prive di specifica allegazione e prova.
In appello, la corte territoriale, condividendo quanto ritenuto dal giudice di primo grado in ordine alla affermazione che il danno esistenziale va distinto da quello morale, stante la diversità e specificità del pregiudizio realizzato nelle due ipotesi, aveva negato tale voce risarcitoria, rilevando l’assenza di sufficiente allegazione e prova di esso.

Non erano d’accordo i ricorrenti che pertanto, presentavano ricorso per Cassazione.

Lamentavano che le allegazioni contenute nel ricorso erano puntuali e concludenti; l’apprensione iniziale era degenerata in angoscia ed in prostrazione fisica e morale sia per chi non aveva ancora contratto la malattia correlata all’esposizione all’amianto, sia per quelli che tale malattia l’avevano già contratta.
La CTU ambientale aveva, infatti, dimostrato che i lavoratori avevano operato in un ambiente particolarmente inquinato; la condotta del datore di lavoro aveva prodotto perciò, una lesione di diritti costituzionalmente garantiti quali quelli tutelati dagli artt. 3, 4. 32, 38 e 41 Cost. e di tutte le norme a tutela della personalità.

Insomma, perché non riconoscergli il giusto risarcimento del danno morale ed esistenziale?

Ed invero i giudici della Cassazione hanno ritenuto il ricorso infondato. Gli è bastato richiamare le decisioni già pronunciate in ordine alla medesima questione per cui era stata esclusa già la risarcibilità di tale voce di danno.
Peraltro, nel caso in esame, la corte territoriale non aveva negato la rilevanza delle presunzioni ai fini della prova del danno non biologico, ma aveva affermato che nella concreta fattispecie di causa non erano stati allegati elementi obiettivi, dotati di un sufficiente grado di specificità, sulla base delle quali risalire alla sofferenza ed al cambiamento delle abitudini di vita dei ricorrenti derivanti dalla consapevolezza della malattia.
Nessun risarcimento dunque, per i lavoratori e ricorso respinto.

La redazione giuridica

 
Leggi anche:
FIBRE DI AMIANTO RESPIRATE DAGLI INDUMENTI DEL MARITO: RISARCITI GLI EREDI

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui