Multa salatissima per la viaggiatrice scoperta senza abbonamento che dà false generalità al capotreno: configurabile il reato di falsa attestazione a pubblico ufficiale
La vicenda
La Corte di Cassazione (Quinta Sezione Penale, sentenza n. 47044/2019) ha confermato la condanna a 45 mila euro di multa pronunciata dalla Corte d’Appello di Trieste a carico di una donna accusata di aver reso false generalità al capotreno durante il controllo dei biglietti.
Contro la pronuncia della corte territoriale la difesa ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione della legge in relazione agli articoli 495 e 496 c.p.
La ricorrente aveva dichiarato che al momento in cui aveva fornito le proprie generalità al controllore non aveva alcuna consapevolezza che in seguito tali informazioni sarebbero state trascritte nel modulo di richiesta di generalità inviata alla Polizia ferroviaria. La Corte d’Appello avrebbe dovuto pertanto sussumere il fatto contestato nella fattispecie delittuosa meno grave di “false dichiarazioni sulla identità personale” (art. 496 c.p.), piuttosto che in quella di “falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri” (articolo 495 c.p.).
Il giudizio di legittimità
Ma il ricorso non è stato accolto perché privo di fondamento. Come è noto, il delitto di cui all’articolo 495 c.p. è configurabile esclusivamente in relazione alle false dichiarazioni o attestazioni rilasciate al pubblico ufficiale, mentre il delitto meno grave previsto dall’articolo 496 c.p. è integrato da dichiarazioni false rilasciate al pubblico ufficiale o anche all’incaricato di pubblico servizio. Escludere la qualità di pubblico ufficiale del capotreno indirizzerebbe quindi la soluzione della questione verso la sussumibilità del fatto nella fattispecie astratta di cui all’articolo 496 c.p.
Tuttavia dalla ricostruzione in fatto operata dai giudici di merito era emerso che l’incaricato del controllo dei biglietti avesse iniziato una fase finalizzata all’identificazione della persona priva di abbonamento e alla elevazione del relativo verbale di infrazione, «una fase nella quale – a detta dei giudici della Suprema Corte – il controllore esercita una funzione accertativa e certificativa ed eventualmente sanzionatoria, ragion per cui deve ritenersi che lo stesso rivesta a tutti gli effetti la qualifica di pubblico ufficiale».
La decisione
Inoltre, nella fattispecie in esame le false generalità erano state declinate dalla ricorrente in assenza di documenti di identità, assumendo pertanto proprio il carattere di attestazione preordinata a garantire al pubblico ufficiale le qualità personali del dichiarante.
Al riguardo la giurisprudenza di legittimità ha già chiarito che “deve essere qualificata ai sensi dell’articolo 495 c.p. la condotta di colui che, privo di documenti di identificazione, fornisca ai carabinieri, nel corso di un controllo stradale, false dichiarazioni sulla propria identità, considerato che dette dichiarazioni – in assenza di altri mezzi e/o documenti di identificazione – rivestono carattere di attestazione finalizzata a garantire al pubblico ufficiale le proprie qualità personali; quindi, ove mendaci, sono idonee ad integrare la falsa attestazione, che costituisce l’elemento distintivo del reato di cui all’art. 495 c.p. rispetto all’ipotesi di reato di cui all’articolo 496 c.p.” (Cass. n. 7286/2014).
Deve, pertanto, trovare applicazione l’articolo 495 c.p. e non anche l’articolo 496 c.p. che è norma di carattere residuale rispetto alla prima,– quando, come nel caso di specie, la dichiarazione falsa sulle generalità si configuri come una vera e propria “attestazione” al pubblico ufficiale, elemento quest’ultimo presente e connotante in forma specifica soltanto la norma dell’art. 495 c.p.
La redazione giuridica
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