La Cassazione fornisce ulteriori chiarimenti in merito alla pensione di reversibilità: al figlio universitario che studia all’estero non può spettare

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 30267/2018, ha fornito precisazioni sulla pensione di reversibilità: in caso di figlio universitario che studia però all’estero, questi, non potrà usufruirne.

Infatti, la Cassazione ha confermato la revoca della quota integrativa della pensione di reversibilità dovuta per l’iscrizione della figlia all’Università in ateneo estero non abilitato in Italia.

La vicenda

Nel caso di specie, la Corte di appello aveva confermato il rigetto della domanda con cui era stato impugnato il provvedimento dell’Inps. Questo revocava di revoca la quota integrativa della pensione di reversibilità che spettava alla madre in ragione dell’iscrizione della figlia minore di 26 anni, all’Università.

In particolare, la Corte territoriale, richiamando l’art. 13 del R.D. n 636/1939 in tema di pensione di reversibilità, aveva ritenuto che la norma consentisse il riconoscimento del beneficio solo in caso di frequenza di istituti statali o di enti pubblici territoriali. Nel caso in cui il figlio universitario studiasse all’estero ciò non poteva valere.

Proprio come nel caso di specie. La ragazza, infatti, aveva frequentato un istituto di diritto italiano gestito da una società consortile a responsabilità limitata privo di riconoscimento legale. Esso aveva stipulato una convenzione privatistica con un università inglese, con sede nel Regno Unito, in base al quale al quale era tale università a rilasciare il titolo di studio finale.

Ebbene, secondo la Corte, la convenzione privatistica esistente tra l’istituto e l’Università inglese non consentiva di pervenire a diverse conclusioni.

E questo, atteso che il riconoscimento di titolo di studio straniero non è automatico in base alla L. n. 148/2002, di ratifica della Convenzione di Lisbona del 1997.

Esso infatti è subordinato a specifiche procedure disciplinate dal DM n 214/2002 non attuate nella fattispecie.

La Cassazione a tal proposito ricorda che, in base al tenore letterale della normativa (art. 13 R.D. 636/1939), il diritto alla pensione di reversibilità spetta laddove i figli a carico infraventiseienni frequentino un “corso universitario”, che rilasci dunque, un titolo universitario.

La scuola frequentata dalla figlia, secondo la Cassazione, non può essere qualificata Università.

Essa infatti non aveva riconoscimento legale.

L’istituto neppure può identificarsi con la stessa Università inglese, quale sua sede secondaria. Infatti, sebbene quest’ultima avesse rilasciato alla ragazza un titolo, questo avrebbe dovuto comunque essere riconosciuto in Italia.

Tale ipotesi però non sussisteva.

Non solo. Risulta anche errata l’interpretazione fornita dalle ricorrenti circa la Convenzione di Lisbona del 1997 sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore nella Regione europea.

Questa, ricorda la Cassazione, non prevede un automatico riconoscimento dei titoli.

Nello specifico, all’art VI, dedicato al riconoscimento delle qualifiche di insegnamento superiore, al punto 5 stabilisce che “Trattandosi del riconoscimento delle qualifiche di insegnamento superiore rilasciate da un istituto di insegnamento superiore situato sul suo territorio, ciascuna Parte può subordinare tale riconoscimento ad alcune condizioni specifiche della legislazione nazionale o ad accordi specifici conclusi con la Parte di origine di detto istituto”.

 

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