È legittimo il licenziamento dei cosiddetti furbetti del cartellino, ossia dei dipendenti che si fanno timbrare il badge dai colleghi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22661 dell’8 novembre 2016, ha sancito come legittimo il licenziamento dei cosiddetti furbetti del cartellino, ossia dei dipendenti che in loro assenza si fanno timbrare il badge da colleghi compiacenti.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, un lavoratore era stato sorpreso a farsi timbrare il badge da un collega mentre era assente, ed era stato quindi licenziato dall’azienda per cui lavorava. Per impugnare il licenziamento si era rivolto in primo e secondo grado al Tribunale di Napoli, ed in entrambi i casi si era visto confermare la sentenza.

La contestazione disciplinare, in particolare, riguardava “l’avere reiteratamente omesso la regolare timbratura del cartellino di presenza nel periodo 1 gennaio-31 gennaio 2007, ottenendo dal diretto superiore gerarchico la convalida della propria presenza sul posto di lavoro mediante la c.d. procedura manuale, così contravvenendo allo specifico obbligo aziendale di utilizzare il dispositivo personale ai fini del rilevamento dell’orario di lavoro”.

La Corte d’appello aveva quindi ritenuto “sussistenti i presupposti della giusta causa e della proporzionalità del licenziamento”, e aveva rigettato l’impugnazione proposta dal lavoratore.

Questi era quindi ricorso in Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori.

Secondo il ricorrente, in particolare, il licenziamento doveva considerarsi illegittimo in quanto l’azienda, pur contestando le modalità di timbratura, non aveva mai contestato, invece, che il lavoratore avesse prestato regolarmente la propria attività lavorativa nei periodi contestati.

Secondo al Cassazione, invece, risultava rispettato il principio di proporzionalità tra contestazione disciplinare e sanzione applicata (ovvero il licenziamento), in quanto “gli addebiti formulati nella contestazione attengono a fatti di per sè disciplinarmente rilevanti”.

La Corte d’appello, correttamente, aveva “posto in evidenza che la reiterata violazione della regola aziendale riguardante l’obbligo dei lavoratori di attestare la propria presenza in entrata e in uscita mediante il c.d. badge elettronico, con utilizzo della procedura manuale al di fuori di ogni plausibile ragione, integra condotta grave sotto il profilo oggettivo (non consentendo un controllo circa il rispetto dell’orario di lavoro e l’espletamento degli straordinari) e sotto il profilo soggettivo (in ragione dell’assenza di una valida ragione giustificatrice fornita dal lavoratore)”.

Inoltre, gli stessi giudici di secondo grado avevano rilevato “che la descritta condotta denota scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti dal lavoratore, conformando il proprio comportamento a canoni di buona fede e correttezza, il tutto con grave negazione dell’elemento fiduciario”.

Per questo motivo, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal lavoratore, confermando le sentenze rese nei precedenti gradi di giudizio, poiché riteneva non sussistessero profili di illegittimità nel licenziamento disciplinare intimato dalla società datrice di lavoro.

 

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