Per la Cassazione anche il fatto commesso nello spogliatoio di un circolo sportivo integra gli estremi del reato di furto in abitazione disciplinato dall’art. 624 bis c.p.

Per luogo destinato a privata dimora deve intendersi “qualsiasi luogo, non pubblico, in cui una persona si trattenga, in modo permanente oppure transitorio e contingente, per compiere atti di vita privata o attività lavorative”. Lo ha chiarito la Cassazione, con la sentenza n. 18089/2017, pronunciandosi su un caso di furto in abitazione.

La Suprema Corte, nello specifico, si è espressa sul ricorso presentato da un uomo condannato in sede di merito ai sensi dell’art. 624 bis c.p. L’imputato era stato visto da un testimone mentre frugava “nelle tasche degli indumenti dei ragazzi che erano in palestra, per un allenamento di basket”.

Nel ricorrere davanti ai Giudici di Piazza Cavour, il presunto ladro, eccepiva che la palestra di una scuola non potesse essere parificata ad un luogo di privata dimora. Di conseguenza non poteva ritenersi configurata la fattispecie di reato contestata.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto di non accogliere le argomentazioni proposte, il ricorso, in quanto infondato.

Secondo la Cassazione, il Giudice a quo aveva correttamente evidenziato che il fatto commesso nello spogliatoio di un circolo sportivo integra gli estremi del reato in esame. “Il che – spiegano dal Palazzaccio – è agevolmente comprensibile, ove si consideri che gli utenti, recandosi nei locali di una palestra, per effettuare attività sportiva, lasciano negli spogliatoi i propri abiti e i propri effetti personali”.

Respinta anche la richiesta dell’attenuante avanzata dal ricorrente. La Suprema Corte ha infatti sottolineato come, a tal fine, occorre che il danno patrimoniale sia, in concreto, particolarmente tenue. In tal senso bisogna tener conto, oltre che del valore in sé della cosa sottratta anche del pregiudizio complessivamente arrecato con l’azione criminosa, valutando gli ulteriori danni subiti dalla persona offesa .

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