Per la Corte di Cassazione il diritto al godimento della casa viene meno se l’assegnatario non vi abita o cessa di abitarvi stabilmente

Se in caso di separazione tra coniugi, la casa coniugale viene assegnata alla moglie ma questa non ne usufruisce, il marito ha diritto a veder revocato il provvedimento di assegnazione? Secondo quanto disposto dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.11218 del 2013 la risposta sembrerebbe essere SI.

La Suprema Corte, infatti, si è pronunciata in merito al ricorso presentato da una donna a cui il Tribunale di Appello, modificando parzialmente le condizioni della separazione coniugale disposte in primo grado, aveva revocato l’assegnazione della casa coniugale, oltre a disporre l’affidamento condiviso della figlia a entrambi i genitori con collocazione prevalente presso l’abitazione della madre.

Alla base della sentenza di secondo grado la constatazione da parte del giudice che la madre viveva stabilmente con la figlia utilizzando come domicilio principale l’abitazione dei propri genitori, mentre l’ex casa coniugale veniva utilizzata solo saltuariamente e prevalentemente durante l’estate. Per quanto riguarda l’affidamento condiviso della figlia, invece, la Corte l’aveva ritenuta ammissibile in quanto “questione ispirata al superiore interesse della minore”.

Nel ricorrere in Cassazione la donna faceva notare che la Corte d’appello avrebbe sbagliato “nel ritenere che la utilizzazione, pur prolungata e prevalente durante un determinato periodo dell’anno, della casa familiare sia assimilabile alla cessazione dell’uso della stessa quale stabile abitazione, laddove il requisito della stabilità non sarebbe incompatibile con una utilizzazione costante in periodi determinati”.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato il ricorso rilevando che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli (art. 155 quater c.c., comma 1, primo periodo)” e che ciò “risponde all’esigenza, prevalente su qualsiasi altra, di conservare ai figli di coniugi separati l’habitat domestico, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare”.

Pertanto, secondo gli Ermellini, “il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare”. Nel caso in questione, il carattere del tutto saltuario della utilizzazione della casa coniugale da parte della madre, accertato in secondo grado, escludeva che la casa potesse “ancora rappresentare l’habitat domestico della minore, il centro dei suoi affetti ed interessi”, ormai spostato nel luogo in cui la stessa risiede e va a scuola.

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