Gravissima patologia genetica tardivamente diagnosticata

0
gravissima-patologia-genetica

I genitori di una bambina affetta da una gravissima patologia genetica chiamano in causa l’Ospedale di Padova per la tardività della diagnosi e dell’avvio della terapia con somministrazione di CoQ10, che aveva comportato una invalidità permanente stimata nel 100%.

Il Tribunale definisce il caso di straordinaria difficoltà e rigetta la domanda per mancanza di prova del nesso di causa fra il contestato ritardo di inizio della terapia e l’aggravamento della piccola paziente.

Tribunale di Padova e Corte di Appello di Venezia respingono la domanda proposta dai genitori nei confronti dell’Ospedale di Padova.

La Corte di Appello, a fondamento della decisione, osservava che:

  • a) la ratio decidendi della sentenza del Tribunale (la quale pur definiva il caso di “straordinaria difficoltà” ed escludeva “ogni negligenza nel comportamento dei sanitari”) era da rivenirsi nella “mancanza di prova del nesso di causa fra il contestato ritardo con cui fu iniziata la terapia con coenzima Q10 e l’aggravamento delle condizioni di salute della piccola paziente”.
  • b) la lamentata lacuna della cartella clinica non poteva essere “valorizzata per la ricostruzione del nesso causale”, poiché la “documentazione sanitaria non avrebbe aiutato a stabilire le conseguenze di un anticipato trattamento della patologia”.
  • c) dalla CTU, diversamente da quanto dedotto dagli appellanti, emergeva che collegio peritale aveva “fornito elementi che inducano a escludere la sussistenza di un nesso causale fra il probabile ritardo di alcuni mesi di inizio della terapia e l’evoluzione delle condizioni di salute”, avendo i consulenti affermato che “l’estrema rarità del difetto genetico non consente allo stato delle conoscenze di stabilire quale efficacia una precoce terapia possa avere anche in relazione alla quantificazione della possibile perdita di chance”, avendo gli stessi ribadito, anche in sede di conclusioni di non poter affermare “alcunché con il criterio di certezza, né di verosimiglianza né applicando il “più probabile che non” con riferimento a quanto si sarebbe verificato laddove la bambina fosse stata seguita adeguatamente e la diagnosi e la conseguente somministrazione del farmaco fossero state tempestive”.
  • d) in sede di supplemento di CTU i consulenti, richiamando “i pareri espressi in tre studi”, avevano evidenziato che non erano noti casi di “bambini trattati in fase presintomatica” e che “le conoscenze scientifiche attuali non sono tali da autorizzarci a dichiarare che laddove la piccola fosse stata trattata precocemente il danno all’organo non si sarebbe ma i prodotto nel corso della vita della paziente”.
  • d.1) gli stessi consulenti avevano poi concluso affermando che le “citazioni bibliografiche, provenienti da più fonti … in maniera univoca permettono di dichiarare – con larga verosimiglianza – che quanto oggi sofferto dalla minore sarebbe stato evitabile, se non del tutto almeno parzialmente, da dove fosse stato somministrato CoQ10 tempestivamente dai Sanitari. Questo non è stato fatto e la malattia è progredita, come se la scienza non avesse all’epoca avuto strumento alcuno a disposizione per tentare di curare o prevenire l’aggravamento della patologia in parola”;
  • e) i riferimenti dei CTU a “verosimiglianza” o “larga verosimiglianza” era a criteri utilizzati per accertare non “un nesso di causa fra omissione ed evento ma a chance”, non esprimendosi gli stessi neppure “sulla misura in cui i postumi invalidanti avrebbero potuto essere meno gravi”.
  • f) inoltre, con riferimento alla regola del “più probabile che non”, da applicarsi non in modo meccanicistico, ma anche in base ad “elementi di conferma disponibili nel caso concreto (cd. probabilità logica)”, era da ritenersi che, “(i)n assenza di dati statistici, tenuto conto delle informazioni ancora estremamente limitate a disposizione della comunità scientifica e del fatto che la terapia non ha bloccato il declino della funzionalità renale”, non erano, però, “rinvenibili circostanze del caso concreto che possano indurre a ritenere logicamente provato il nesso causale: mancano elementi che confermino che una più tempestiva somministrazione della terapia con CoQ10 avrebbe evitato contenuto l’evoluzione della patologia”.
  • g) non era stata formalizzata tempestivamente una domanda di risarcimento del danno da perdita di chance, mancandone anche “allegazioni sull’an e sul quantum”, essendo una siffatta domanda stata proposta, inammissibilmente, solo in appello, là dove tale non era neppure la “domanda subordinata formulata tempestivamente nel giudizio di primo grado”, la quale, al pari della domanda principale (di cui si palesava “una mera duplicazione”), “presupponeva … che la mancata adozione tempestiva di cure avesse cagionato tutti i danni ricollegabili all’invalidità biologica della piccola paziente”.

Il giudizio di Cassazione

La decisione della Corte di appello è corretta. I Giudici hanno ritenuto, sulla scorta delle risultanze della CTU, in applicazione della regola probatoria del “più probabile che non”, considerando anche le circostanze del caso concreto (c.d. probabilità logica), insussistente il nesso causale tra intempestiva diagnosi e ritardata cura (a base di somministrazione di CoQ10) della malattia genetica a carico della piccola e aggravamento della patologia dalla stessa subito, con postumi invalidanti del 100%.

Correttamente interpretati e applicati i principi di causalità e di riparto degli oneri probatori. Per quanto riguarda la lamentata incompletezza della cartella clinica, gli Ermellini ricordano che tale circostanza può essere utilizzata dal Giudice per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente soltanto quando proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l’accertamento del relativo nesso eziologico e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno.

Nella specie, la Corte territoriale ha ritenuto che le lacune della cartella clinica non fossero pertinenti al fine di provare il nesso eziologico tra condotta dei sanitari e danno iatrogeno.

Avv. Emanuela Foligno

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui