Aggressione da parte di un animale selvatico e chiamata in giudizio della Regione e della Provincia per il risarcimento delle lesioni subite alla gamba: viene condannata la Regione (Cassazione civile, sez. III, 24 maggio 2024, n. 14555).
La vicenda
Il Tribunale, con sentenza n. 484/2018, accertava e dichiarava la responsabilità della Regione Autonoma per l’aggressione da parte di un animale selvatico (cinghiale) subita il 4/7/2012 dalla donna e condannava la Regione a corrispondere l’importo di 37.296,49 euro, oltre interessi nella dalla data del fatto alla data del saldo.
La Regione soccombente propone appello e la Corte, con sentenza n. 100/2020, rigettando l’appello, confermava integralmente la sentenza di primo grado, condannando la Regione alla rifusione delle spese processuali.
L’intervento della Cassazione
Il caso arriva in Corte di Cassazione dove viene sottolineato che, quanto agli oneri probatori, in applicazione del criterio oggettivo di cui all’art. 2052 c.c., “il danneggiato deve allegare e dimostrare che il danno è stato causato dall’animale selvatico (e, quindi, dimostrare la dinamica del sinistro nonché il nesso causale tra la condotta dell’animale e l’evento dannoso subito, oltre che l’appartenenza dell’animale stesso ad una delle specie oggetto della tutela di cui alla legge n. 157 del 1992 e/o comunque che si tratti di animale selvatico rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato)”.
Ad ogni modo, il danneggiato può anche agire per responsabilità aquiliana, ex art. 2043 c.c., difatti, nel caso in esame, la danneggiata ha introdotto il giudizio di merito chiedendo accertarsi e dichiararsi la responsabilità della Regione esclusivamente ai sensi dell’art. 2043 c.c.
I Giudici di Appello hanno ritenuto provata “la responsabilità della Regione per aver omesso di adottare misure idonee ad arginare il progressivo e ingravescente pericolo, più volte segnalato negli articoli di cronaca locale, dell’avvicinarsi dei cinghiali alle abitazioni poste in prossimità delle zone boschive, in tal modo sottovalutando, nell’ambito della propria attività di indirizzo e pianificazione, il problema della proliferazione della specie e del conseguente crescente bisogno di procurarsi il cibo”.
Tale giudizio di fatto non è sindacabile in Cassazione contrapponendo un difforme apprezzamento in fatto dei Giudici di merito, in quanto ai Giudici di legittimità non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del Giudice di merito.
Per tutti questi motivi, la Cassazione rigetta il ricorso.
Avv. Emanuela Foligno