Una sentenza della Cassazione si è espressa sul perimetro dell’incolpazione di un giudice negligente, fornendo specifiche sulle eventuali sanzioni disciplinari

In che sanzioni può incorrere un giudice negligente? A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione, precisando il perimetro dell’incolpazione del magistrato che agisce con ignoranza o negligenza inescusabile.
Con la sentenza n. 14550/2017, i giudici hanno preso in esame in caso riguardante un giudice negligente, sottoposto a un procedimento disciplinare a causa della sua “negligenza inescusabile” in merito a procedimenti assegnati alla propria sezione e, in particolare, riguardanti liquidazione di onorari e compensi per consulenti tecnici.
Il giudice negligente, incolpato di aver agito con “grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile”, può infatti sottrarsi alla contestazione disciplinare solo qualora ricorra l’assenza di un ingiusto pregiudizio o indebito vantaggio per alcuno, come conseguenza oggettiva del comportamento dell’incolpato, l’assenza di “neghittosità” e, anzi, il convincimento di avere agito per il bene delle parti offese, nonché il difetto della lesione del prestigio e della credibilità dell’Ordine Giudiziario.
La Sezione disciplinare del CSM, tuttavia, aveva deciso di assolvere il giudice negligente ritenendo che non fosse provato il danno ingiusto per le parti che avevano sostenuto le spese delle liquidazioni contestate, poiché nessuna di esse aveva impugnato i provvedimenti in oggetto, né aveva formulato alcuna doglianza in relazione al quantum.
Da qui è partito il ricorso del Ministro e del Ministero della Giustizia. L’Avvocatura dello Stato aveva quindi dedotto la violazione di legge, ritenendo che l’assenza di impugnazioni non incidesse sulla configurabilità dell’ipotesi di cui all’art. 2, lett. a) del d.lgs. 109/2006, e considerato che la norma richiede il danno come elemento obiettivo e non come elemento percepito dalle parti e, infine, che la liquidazione di somma maggiore rispetto a quella che spetta alle parti comporta un danno.
La Cassazione ha quindi ritenuto fondata tale lamentela, ricordando che le fattispecie di illecito disciplinare previste, rispettivamente, dalle lettere a) e g) dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, che sanzionano l’una la violazione dei doveri di imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio e rispetto della dignità della persona che arrechi ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle parti, e l’altra la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile, non sono tra loro in rapporto di specialità.
Questo poiché l’elemento connotante la prima fattispecie di illecito è costituito dalla conseguenza derivante dalla violazione dei doveri primari incombenti sul giudice, mentre gli elementi caratterizzanti la seconda fattispecie (gravità della violazione di legge e inescusabilità dell’ignoranza o negligenza) attengono essenzialmente alla condotta e all’elemento psicologico dell’illecito, sicché è la loro diversa natura di illeciti “di evento” e “di pura condotta” a comportare che un unico comportamento possa integrare entrambi gli illeciti.
Alla luce di tali considerazioni, la sola condotta del giudice negligente risulterà insufficiente per incolparlo, mentre sarà necessario che si verifichi un evento costituito dall’ingiusto danno o dall’indebito vantaggio per una delle parti del procedimento, non essendo sufficiente la sola condotta del magistrato, consistente nella violazione dei doveri di cui al precedente articolo.
Nel caso di specie, il giudice disciplinare aveva erroneamente escluso la sussistenza del danno ingiusto per le parti, rilevando che queste non avevano impugnato i provvedimenti di liquidazione né chiesto la revoca né dedotto a motivo di doglianza l’entità delle liquidazioni e che gli importi liquidati non differivano così macroscopicamente da quelli liquidabili secondo il d.P.R. 115/2002, da costituire di per sé danno rilevante.
A quel punto, la sentenza impugnata ha presupposto la valenza soggettiva del danno ingiusto, tanto da ritenere rilevante la reazione delle parti che hanno sostenuto le violazioni effettuate dal giudice negligente, mentre il disposto normativo connota oggettivamente il danno come ingiusto.
La Cassazione ha quindi affermato l’irrilevanza della condotta del giudice negligente anche nel caso in cui sia contestata la fattispecie di cui all’art. 2, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 109/2006, laddove sia assente qualunque pregiudizio ingiusto o indebito vantaggio per taluno, e laddove venga a mancare un’inerzia permanente e la lesione al prestigio e della credibilità dell’Ordine Giudiziario.
 
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