L’omessa prescrizione di fisioterapia rappresenta un inadeguato trattamento post chirurgico e viola i dettami della scienza medica causando postumi di entità maggiore rispetto a quelli normalmente conseguenti alla frattura (Tribunale di Cosenza, Sez. II, sentenza n. 2216 del 10 dicembre 2020)

Una coppia cita a giudizio l’Azienda Ospedaliera di Cosenza onde vederne accertata la sua responsabilità per i danni riportati dal figlio a seguito dell’inadeguato trattamento post chirurgico di frattura all’omero sx.

Si costituisce in giudizio l’Azienda e chiede il rigetto della domanda.

Il Tribunale autorizza la chiamata a giudizio dell’Assicurazione e istruisce la causa attraverso CTU Medico-Legale  all’esito della quale ritiene fondata la domanda.

Preliminarmente il Giudice afferma che l’accettazione del paziente presso la Struttura comporta la conclusione di un contratto di spedalità, con i conseguenti e noti oneri probatori delle parti.

Nel rapporto contrattuale la distribuzione dell’onere probatorio riguardo il nesso causale bisogna tenere in considerazione che la responsabilità viene invocata in forza del rapporto obbligatorio ed è finalizzata a fare valere un inadempimento oggettivo.

In tale contesto, la Struttura deve dimostrare l’eventuale interferenza nella serie causale di fatti idonei a elidere ogni rilievo eziologico dello svolgimento del rapporto di cura e ad assumere rilievo determinante esclusivo.

Sia nei casi di contestata condotta omissiva o commissiva, riguardo al nesso causale, si deve fare sempre riferimento alla regola della preponderanza dell’evidenza, che ritiene sufficiente l’accertamento di una relazione probabilistica concreta tra il comportamento accertato e l’evento dannoso.

Ciò premesso, l’espletata CTU ha accertato l’inadempimento dell’Azienda Ospedaliera che ha causato un aggravamento dello stato di salute del bambino.

Nello specifico, la CTU ha appurato: “che in esito al sinistro ed al trattamento sanitario si è verificato il cattivo consolidamento della frattura subita e che tale situazione risulta attualmente stabilizzata, con conseguenti limitazioni estetico -funzionali; che l’utilizzo di un unico filo di Kirshner durante l’intervento di riduzione della frattura del dicembre 2008 costituiva scelta terapeutica indicata e conforme alle conoscenze ed ai protocolli in uso all’epoca dell’intervento e si era rivelata sufficiente a mantenere l’allineamento dei capi di frattura, dovendo pertanto escludersi la sussistenza di nesso causale tra detto trattamento e la menomazione riscontrata sul bambino; che per contro l’omessa prescrizione di fisioterapia post operatoria costituiva violazione dei dettami della scienza medico chirurgica e dell’esperienza di settore ed ha concorso nel determinismo della menomazione, causando postumi di entità maggiore rispetto a quelli normalmente conseguenti alla frattura del tipo in esame adeguatamente trattata; che nello specifico il danno iatrogeno può quantificarsi nella misura del 4% in relazione ad un complessivo pregiudizio sofferto pari al 7% (cui si perviene tenendo conto dell’ipotrofia e del lieve deficit di pronosupinazione e delle ricadute anche psichiche del pregiudizio); che nessun danno biologico temporaneo è risultato autonomamente riconducibile all’omissione accertata”.

Il Tribunale fa proprie le conclusioni della CTU e dichiara che la rilevata omissione terapeutica e la sua incidenza sul danno finale possono essere considerati quale fonte di responsabilità.

Venendo alla liquidazione del danno, viene osservato che il danno evento va individuato nella compromissione dell’integrità dal punto percentuale corrispondente a quanto non sarebbe stato eliminabile fino a quello corrispondente alla compromissione effettivamente risultante.

In altri termini, ai fini della liquidazione con il sistema tabellare deve assumersi come percentuale di invalidità non quella corrispondente al punto risultante dalla differenza fra le due percentuali bensì la percentuale corrispondente alla compromissione effettivamente risultante.

In applicazione di tali principi, il danno complessivo subito dal bambino è corrispondente a danno permanente in ragione del 7%; il danno che sarebbe verosimilmente residuato in assenza del fatto illecito è pari al 3%, e dunque la differenza costituisce il danno iatrogeno da liquidare.

Applicando le Tabelle milanesi si addiviene all’importo di euro 10.057,00, corrispondente alla differenza tra il danno liquidabile per una invalidità al 7% (euro 14.821,00) e quello liquidabile per una invalidità al 3% (euro 4.764,00).

Null’altro viene riconosciuto a titolo di danno morale, essendo tale voce già ricompresa nel sistema tabellare milanese.

Al riguardo, infatti, gli attori non hanno provato la sussistenza di esiti, ulteriori rispetto a quelli normalmente connessi al danno biologico accertato e ricompresi nella liquidazione tabellare, idonei a giustificare una diversa e personalizzata determinazione del pregiudizio non patrimoniale.

In conclusione il Tribunale condanna l’Azienda Ospedaliera al pagamento in favore degli attori dell’importo di euro 10.057,00 oltre interessi, al pagamento delle spese di giudizio e di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

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