Il lavoratore contesta la CTU per mancanza dell’indicazione dei criteri, della metodologia Medico-legale e della diagnosi inferiore al 6% di inabilità
Il lavoratore, a seguito di un infortunio avvenuto nel 2013 riportava trauma contusivo del rachide e del ginocchio e gli veniva riconosciuto un grado complessivo di menomazione pari al 4%.
L’uomo sostiene di aver riportato un grado di inabilità maggiore a quello riconosciuto dalla Commissione, e confermato in sede di revisione, e chiede al Tribunale (Tribunale di Crotone, sez. lavoro, sentenza n. 774 del 20 novembre 2020), di accertare e dichiarare di aver riportato un grado di inabilità pari all’8%, o comunque non inferiore al 6%.
Nello specifico viene contestatala la CTU per mancanza dell’indicazione dei criteri, della metodologia Medico-legale e della diagnosi.
Si costituisce la convenuta dando atto di aver definito la pratica del ricorrente accertando un trauma contusivo del rachide e conseguente grado di inabilità pari al 4% e contestando la sussistenza della condropatia evolutiva di cui il ricorrente chiedeva la valutazione in sede di revisione.
La causa viene istruita attraverso altra CTU Medico-Legale, all’esito della quale il ricorso viene ritenuto infondato.
Il Tribunale osserva che ai sensi dell’art. 13, comma 2, del d.lgs. 28 febbraio 2000, n.38 il danno biologico da malattia professionale o da infortunio sul lavoro, è indennizzabile in capitale solo se è pari o superiore al 6%, con la conseguenza che un danno percentuale inferiore a tale soglia, sia pure per frazioni di punto, non dà diritto a indennizzo Inail.
Inoltre, sul punto la giurisprudenza della Suprema Corte è ferma nel ritenere la illegittimità di un arrotondamento al punto superiore.
Il lavoratore denunciava l’infortunio in seguito al quale riportava la diagnosi di trauma contusivo al rachide e al ginocchio sinistro, confermato dalla Commissione, e sulla scorta di tale certificazione, e di quelle successive, veniva riconosciuto un grado di invalidità nella misura del 4%.
Non vi è la prova che il lavoratore abbia subito un peggioramento delle condizioni di salute dovuto agli esiti dell’infortunio e neppure è stata prodotta in tal senso documentazione sanitaria idonea a dimostrare un aggravamento rilevante.
Difatti, il lavoratore si è limitato a produrre mere valutazioni diagnostiche, prescrizione di terapia e referto radiografico in cui si legge che “non sussistono alterazioni di significato traumatico acuto a carico delle strutture scheletriche in esame” ed in cui non risultano elementi tali da far ritenere che un eventuale aggravamento, relativo alla “moderata degenerazione del corno posteriore della fibrocartilagine meniscale mediale laterale ” sia riconducibile all’infortunio.
In definitiva, manca la prova del lamentato aggravamento e che tale aggravamento sia riconducibile al processo patologico innescato dall’infortunio sul lavoro.
Manca la prova che il lavoratore sia affetto da “condropatia post -traumatica “, come anche da un deficit articolare diverso da quello riconosciuto dal CTU che ha svolto le seguenti conclusioni: “esiti di colpo di frusta” senza lesioni scheletriche -legamentose con rachialgia e modesta limitazione funzionale antalgica [fino al 3%], della voce tabellare esiti favorevoli di meniscectomia [fino al 4%], di cui all’art. 13 n° 2 lett. a D.lvo 23.2.2000 n ° 38, il danno biologico residuato risulta essere 5% “, ciò anche alla luce dell ‘esame obiettivo in cui non risultano rilevate limitazioni funzionali alle ginocchia”.
In ogni modo, deve comunque escludersi la sussistenza di un aggravamento atteso che il CTU, pur avendo ritenuto errato il giudizio espresso inizialmente dall’Inail in ragione di ” esiti favorevoli di meniscectomia “non riconosciuti in sede amministrativa e non riconducibili all’infortunio, ha ritenuto sussistente la bilateralità della problematica osteoarticolare e la compromissione di entrambe le ginocchia che, in mancanza di ulteriori elementi, non può dirsi riconducibile all’infortunio occorso e che, comunque, non raggiunge la percentuale minima del 6%.
In conclusione, il Tribunale respinge la domanda e compensa le spese di lite.
Avv. Emanuela Foligno
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