Indennità di accompagnamento: verifica dei requisiti e A.T.P.

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Il presupposto per il riconoscimento delle prestazioni assistenziali è la necessità di assistenza continua nel compiere gli atti di vita quotidiana e quelli inerenti la sfera di relazione

La vicenda trae origine da un Accertamento Tecnico Preventivo, che dava esito negativo, svolto contro l’INPS per verificare la sussistenza dei requisiti per l’indennità di accompagnamento.

L’interessato, considera la CTU svolta in tale sede contraddittoria e inficiata dall’omesso esame della valutazione geriatrica e si rivolge al Tribunale (Tribunale di Crotone, sez. lavoro, sentenza n. 776 del 20 novembre 2020), onde vedere accertare e dichiarare il diritto alle prestazioni reclamate.

In particolare, viene lamentata l’erroneità della CTU per omessa considerazione della relazione di Geriatria, oltre ad altre certificazioni dalle quali emerge la necessità di assistenza continua anche alla luce della compromissione della capacità di svolgimento delle attività quotidiane a causa della patologia di demenza, come risulta anche dagli esami strumentali svolti.

Si costituisce l’INPS eccependo l’inammissibilità della domanda di accertamento dello status di portatore di handicap e la mancata prova del requisito sanitario relativo all’indennità di accompagnamento, come accertato dalla CTU, nonché delle condizioni di erogabilità della prestazione.

Il Tribunale ritiene il ricorso infondato per carenza del requisito sanitario.

Nello specifico, viene evidenziato che ai sensi dell’art. 1, L. 18/1980: “Ai mutilati ed invalidi civili totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche nei cui confronti le apposite Commissioni sanitarie,  abbiano accertato che si trovano nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di un’assistenza continua, e concessa un’indennità di accompagnamento, non reversibile, al solo titolo della minorazione, (..).”

Il Tribunale sottolinea con forza, inoltre, che è da considerarsi “persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. (…). 3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici”.

Conseguentemente, il presupposto per il riconoscimento di entrambe le prestazioni assistenziali è la necessità, da un lato, di assistenza continua nel compiere gli atti di vita quotidiana e, dall’altro, nella sfera di relazione.

Invero, contrariamente a quanto affermato dall’interessato, il CTU, in seno al giudizio di accertamento tecnico preventivo, ha esaminato tutta la documentazione sanitaria, ivi compresa la relazione del Geriatra, -considerata dirimente dal ricorrente-, ed ha accertato  l’insussistenza di deficit intellettivi e di deambulazione, con conseguente insussistenza del diritto all’indennità di accompagnamento.

Difatti, nell’Elaborato il Consulente riporta che la paziente si presentava “vigile, collaborante, orientata T/S , non deficit di forza ne del linguaggio, non evidenti tremori ai quattro arti, esegue gli ordini, risposte congrue e coerenti, deflessione del tono dell’umore”, oltre che caratterizzata da: “lieve limitazione funzionale del rachide lombo -sacrale, deambulazione e passaggi posturali autonomi “.

In tale perizia il Consulente ha già chiarito di non condividere la diagnosi di demenza con la descrizione del relativo quadro clinico riportato nel certificato di visita geriatrica effettuato presso la Casa di Cura privata San Carlo di Milano il 15.04.2018, perché non riscontrato all’esame obiettivo della visita peritale.

Quindi, in mancanza di elementi di segno contrario, manca la prova che il ricorrente necessiti di assistenza continua nella vita di relazione e nel compimento degli atti di vita quotidiana.

Il Tribunale sulla scorta di tali considerazioni respinge il ricorso e pone a carico dell’Inps le spese di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

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