Il termine triennale di decadenza previsto per l’esercizio dell’azione di regresso dell’INAIL decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale e non dalla mera emanazione della sentenza, non essendovi stato un accertamento dei fatti-reato da parte del giudice penale (Tribunale di Reggio Calabria, Sez. Lavoro, Sentenza n. 1909/2021 del 26/11/2021 RG n. 4426/2017)

Il lavoratore invoca la condanna del datore di lavoro quale responsabile civile dell’infortunio sul lavoro occorso in data 19/11/2008, consistente nella caduta da un’altezza di tre metri, al pagamento, in favore dell’INAIL della somma di EUR 768.234,90.

Con ricorso depositato in data 02.11.2017, l’INAIL agiva in regresso ex artt. 10 e 11 D.P.R. n. 1124/1965 avverso l’odierna convenuta, onde recuperare le somme corrisposte al lavoratore per l’infortunio sul lavoro occorsogli in data 19.11.2008. A tal fine, rappresentava che:

– il lavoratore, operaio in orario di lavoro, mentre era intento insieme al datore di lavoro a verificare i lavori da eseguirsi sul tetto in lamiere zincate di un fabbricato, era caduto al suolo da un’altezza di circa mt. 3,30 a causa del cedimento di un pannello in vetro resina che copriva un lucernaio, procurandosi “trauma cranio facciale e fratture multiple”;

– a seguito delle lesioni riportate, l’INAIL aveva riconosciuto al lavoratore un’inabilità temporanea pari a gg. n. 508 ed una inabilità permanente nella misura del 65%, erogando allo stesso la rendita e sostenendo, dunque, il costo dell’infortunio (aggiornato al 31/07/2017) pari a complessivi EUR 768.002 234,90 di cui EUR 586.466,85 a titolo di valore capitale della rendita;

– in seguito all’infortunio, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria , al termine delle indagini preliminari, aveva chiesto nei confronti del Datore di lavoro ” l’emissione di un decreto penale di condanna per i reati di cui agli artt. 590 c.p. e 148 D.Lgs. n. 81/2008 per avere “omesso di adottare tutti gli accorgimenti necessari atti a garantire la incolumità delle persone addette all’esecuzione dei lavori relativi al fabbricato (…) e, dunque, non facendo uso di idonei dispositivi di protezione anticaduta, così agevolando l’infortunio occorso in data 19.11.08 al dipendente “;

– il procedimento penale, una volta emesso dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria il decreto penale di condanna n. 705/2009, era proseguito in sede dibattimentale a seguito di opposizione presentata dall’imputato e il Tribunale di Reggio Calabria con sentenza n. 1050/2014, divenuta irrevocabile il 18.11.2014, aveva dichiarato di non doversi procedere nei confront dello stesso in ordine al reato a lui ascritto in quanto estinto per intervenuta prescrizione. Sostenendo la sussistenza nella fattispecie delle condizioni necessarie per il recupero delle somme erogate ed erogande a titolo di rendita al lavoratore infortunato, non essendo all’Istituto opponibile l’estinzione del reato per prescrizione, conveniva innanzi al Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di Giudice del lavoro, il datore di lavoro.

Il Tribunale osserva che l’art. 112 ult. cpv. D.P.R. n. 1124/1965 stabilisce che “il giudizio civile di cui all’art. 11 non può istituirsi dopo trascorso tre anni dalla sentenza penale che ha dichiarato di non doversi procedere per le cause indicate nello stesso articolo. L’azione di regresso di cui all’art. 11 si prescrive in ogni caso nel termine di tre anni dal giorno nel quale la sentenza penale è divenuta irrevocabile”.

La norma contempla, dunque, due fattispecie diverse, delle quali la prima è caratterizzata dalla mancanza di un accertamento del fatto – reato da parte del giudice penale e la seconda, invece, dall’esistenza di tale accertamento con sentenza penale di condanna (pronunciata nei confronti del datore di lavoro o di suoi dipendenti o dello stesso infortunato).

La sussistenza o meno di un accertamento del fatto – reato da parte del giudice penale rileva sulla qualificazione del summenzionato termine triennale (di decadenza o di prescrizione).

A tale riguardo, la Suprema Corte ha affermato che “alla stregua del citato art. 112, occorre distinguere il caso in cui non vi sia stato accertamento del fatto (sentenza di non doversi procedere per le cause indicate dalla norma, quali la morte dell’imputato o l’intervenuta amnistia del reato), da quello in cui tale accertamento sia stato compiuto (sentenza di condanna); l’azione di regresso dell’I.N.A.I.L. soggiace nella prima ipotesi (ai sensi del cit. art. 112, u.c., prima parte) a termine triennale di decadenza , che (insuscettibile d’interruzione) decorre dalla data di emissione della sentenza penale di non doversi procedere, e nella seconda ipotesi (ai sensi dell’art. 112, u.c., ultima parte) a termine triennale di prescrizione, che decorre dal giorno nel quale è divenuta irrevocabile la sentenza penale di condanna; agli effetti in questa sede considerati, la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti va equiparata a sentenza di condanna, non potendo trascurarsi di evidenziare che il giudice penale in sede di patteggiamento ha sempre il potere – dovere di verificare che non sussistano cause di improcedibilità dell’azione o di proscioglimento con ampia formula” (cfr. Cass. Sez. lav. n. 28295/2009, ma anche Cass. n. 2242/2007, Cass. n. 7866/2008; da ultimo Cass. civ., sez. lav., 07/08/2020 n. 16847).

Ergo, nell’ipotesi di decreto penale non opposto e divenuto definitivo, il termine triennale sia qualificabile come di prescrizione (e non di decadenza) considerato che il g.i.p. è chiamato a verificare che non sussistano cause di improcedibilità dell’azione o di proscioglimento con ampia formula e, dunque, a vagliare la sussistenza degli elementi per affermare la responsabilità penale dell’indagato.

Con riferimento alle sentenze di non doversi procedere, la Corte di Cassazione ha, successivamente, chiarito che “in tema di infortunio sul lavoro per il quale sia stata esercitata l’azione penale, ove il relativo processo si sia concluso con sentenza di non doversi procedere o (come nella specie) in sede dibattimentale per essersi il reato estinto a seguito d’intervenuta prescrizione, il termine triennale di decadenza previsto per l’esercizio dell’azione di regresso dell’INAIL decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale e non dalla mera emanazione della sentenza, non essendovi stato un accertamento dei fatti -reato da parte del giudice penale” (Cass. civ., sez. lav., 03/03/2016, n. 4225).

Invero, la sentenza di non doversi procedere per prescrizione del reato, al pari del proscioglimento per amnistia o per morte del reo, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 1967 e della sentenza n. 6428 del 1990 delle Sezioni Unite, attribuisce al giudice civile il potere di accertamento, con la conseguenza che anche in tale ipotesi l’azione di regresso dell’INAIL deve essere proposta entro tre anni dalla data della sentenza penale, rectius del passaggio in giudicato della sentenza penale.

Ciò posto, parte resistente ha dedotto e documentato che dall’infortunio per cui è causa, consistente nella caduta da un’altezza di tre metri, sono originati due diversi procedimenti penali.

Il primo R.G.N.R. 5982/2008 nell’ambito del quale la Procura di Reggio Calabria ha fatto richiesta al G.i.p. di emissione di un decreto penale di condanna per la contravvenzione di cui all’art. 148 D.Lgs. n. 81/2008; avverso il decreto penale n. 705/2009 è stata fatta opposizione e il procedimento penale si è concluso in sede dibattimentale con sentenza (n. 1050/2014) di non doversi procedere per prescrizione del reato, divenuta irrevocabile in data 18.11.2014.

Ed è questo il procedimento penale cui ha fatto riferimento l’INAIL nel proprio atto introduttivo.

Il secondo procedimento penale R.G.N.R. 4913/2009 nasce dalla segnalazione del G.i.p. che ha emesso il decreto penale n. 705/2009, il quale ha mandato al Pubblico Ministero “di accertare l’eventuale superamento della durata (di 40 giorni) della malattia occorsa alla p.o. ai fini dell’eventuale consumazione del delitto di cui all’art. 590 cpv. I e II c.p. procedibile ex officio”.

Anche in questo caso la Procura di Reggio Calabria ha fatto richiesta al G.i.p. di emissione di un decreto penale di condanna per “il reato p. e p. dall’art. 590 cpv 1 e 2 c.p. (in relazione all’art. 148 d. lgv. 81/08)”, accolta con decreto n. 183/2010 non opposto e divenuto irrevocabile in data 04.11.2011.

Ebbene, dei due procedimenti penali originati dall’infortunio, quello che rileva ai fini dell’azione di regresso è necessariamente quello in cui viene asseverata la responsabilità penale del datore di lavoro per le lesioni subite dal lavoratore (590 c.p.), a fronte delle quali l’INAIL ha corrisposto la rendita, ovvero quello R.G.N.R. n. 4913/2009, che si è concluso, con decreto penale di condanna n. 183/2010 non opposto e divenuto irrevocabile in data 04.11.2011.

In tal caso, alla luce dei principi sopra enucleati, il termine triennale è quello di prescrizione e decorre dalla data del 04.11.2011, mentre l’Inail ha interrotto il termine con la notifica del 20.11.2014.

Ne discende la prescrizione del diritto di regresso dell’Istituto e il rigetto del ricorso.

Ne discende, pertanto, il rigetto del ricorso, con compensazione delle spese di lite in considerazione della complessità della vicenda.

Avv. Emanuela Foligno

Sei vittima di un incidente sul lavoro o ritieni di aver contratto una malattia professionale? Affidati ai nostri esperti per una consulenza gratuita. Clicca qui

Leggi anche:

Lesione delle giunzione miotendinea prossimale causata da infortunio

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui