Infortunio sportivo ed eccesso di agonismo (Cass. pen, sez. V, dep. 16 marzo 2023, n. 11225).

Infortunio sportivo causato da violento scontro tra i giocatori ed eccesso di agonismo sportivo.

La vicenda trae origine da una partita di calcetto amatoriale ove uno dei giocatori viene violentemente colpito da una testata da parte dell’avversario, riportando lesioni.

La Suprema Corte, sezione penale, si occupa nuovamente della differenza tra eccesso di agonismo sportivo e vera e propria aggressione, disancorata dal contesto del gioco.

L’avversario è stato condannato dai Giudici penali per avere colpito con una testata il danneggiato procurandogli lesioni personali, a nulla rilevando il fatto che l’arbitro della partita amatoriale nulla provvedeva sull’episodio violento.

Nello specifico, nel corso della partita, mentre si attendeva il recupero del pallone, finito fuori dall’area di gioco, l’imputato colpiva con una violenta testata il suo avversario di gioco.

Il giocatore colpito intraprende azione penale dinanzi il Giudice di Pace che condannava l’imputato per il reato di lesioni personali “nell’aver colpito, con una violenta testata, un giocatore nel corso di un incontro calcistico…….violando le regole del gioco e i doveri di lealtà nei confronti dell’avversario”.

L’imputato si rivolge alla Corte di Cassazione sostenendo la causa di giustificazione dell’esercizio dell’attività sportiva. In particolare deduce che la vicenda si sia svolta nel corso dello svolgimento del gioco, e non nella fase di gioco fermo e che, comunque, la condotta debba ritenersi penalmente irrilevante, in quanto non contraria alle regole sportive, stante anche il fatto che l’arbitro dell’incontro non comminava alcuna sanzione a seguito dell’episodio.

Invece, secondo gli Ermellini, è proprio la dinamica dell’azione violenta a propendere per aggressione personale non conforme al normale antagonismo del gioco del calcio.

Il Giudice di merito ha appurato – correttamente – che il danneggiato veniva colpito durante una fase di gioco fermo. Pertanto è corretto ritenere sussistente la volontarietà delle lesioni proprio in ragione del gioco fermo, di talchè non è possibile sostenere che l’episodio sia stato il frutto di agonismo sportivo e foga del gioco.

Pertanto, è confermata l’esclusione della scriminante sportiva per palese assenza di collegamento funzionale tra l’infortunio sportivo in parola e la competizione sportiva. La violenza dell’aggressione posta in essere dall’imputato è del tutto sproporzionata in relazione alle concrete caratteristiche del gioco del calcio.

Sul punto viene ribadito il principio di diritto secondo cui “in tema di competizioni sportive, non è applicabile la cosiddetta scriminante del rischio consentito qualora, nel corso di un incontro di calcio, un calciatore colpisca un avversario con un pugno al di fuori di un’azione ordinaria di gioco, trattandosi di dolosa aggressione fisica per ragioni avulse dalla peculiare dinamica sportiva”.

Vi è da considerare, sottolineano gli Ermellini, che nella disciplina calcistica l’azione di gioco è quella focalizzata dalla presenza del pallone ovvero dai movimenti dei giocatori, anche senza pallone, funzionali alle più efficaci strategie tattiche (blocco degli avversari, marcamenti, tagli in area ecc.),  e non può ricomprendere indiscriminatamente tutto ciò che avvenga in campo, sia pure nei tempi di durata regolamentare dell’incontro.

Il ricorso viene respinto.

Avv. Emanuela Foligno

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