Per gli interventi di ristrutturazione edilizia c.d “leggera”, quali ad esempio, il solo aumento delle unità immobiliari, non è più richiesto il permesso di costruire

La vicenda

Il capo d’accusa era quello di aver realizzato un intervento di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire, avendo presentato soltanto una s.c.i.a. per lavori di risanamento conservativo
Si trattava, in realtà, di lavori di ristrutturazione di un immobile “comportanti la suddivisione in quattro unità immobiliari, la demolizione dei solai del sottotetto finalizzata alla realizzazione di nuovi volumi abitabili nel vano sottotetto”, lavori che a detta della corte territoriale – non rientravano in un intervento di risanamento conservativo; e pertanto la suddetta scia presentata per l’esecuzione di quelle opere, non era sufficiente.
Detto in altri termini, trasformazione del bene da una a quattro unità immobiliari non è riconducibile nella riduttiva nozione di risanamento conservativo ma costituisce piuttosto, ristrutturazione edilizia, con conseguente necessità di richiedere il permesso di costruire.
Cosicché, i proprietari committenti, la ditta che aveva assunto la realizzazione dei lavori, il progettista e il direttore dei lavori venivano condannati alla pena di legge prevista per il reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 1, lett. b),.
Ebbene, rispetto al fatto contestato neppure la Cassazione ha dubbi che gli interventi citati fossero qualificabili come ristrutturazione edilizia, piuttosto che come mero risanamento conservativo, posto che da quelle opere era derivato un immobile diverso da quello originario, sia per la trasformazione di un appartamento in quattro distinte unità abitative, sia per la modifica di elementi costitutivi (quali il ribassamento dei solai) e l’inserimento di nuovi impianti (funzionali al godimento delle plurime unità realizzate); ma non per questo doveva ritenersi necessario il permesso di costruire.

La censura della sentenza impugnata

La Corte territoriale aveva trascurato di considerare che non tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia sono soggetti al previo rilascio del menzionato titolo.
Rispetto alla definizione di ristrutturazione edilizia data dall’art. 3, comma 1, lett. d) di tale decreto, il successivo art. 10, comma 1, lett. c), nel testo oggi vigente, assoggetta al regime del permesso di costruire (…) soltanto quegli interventi che “portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti”.
Si tratta degli interventi definiti di ristrutturazione edilizia c.d. “pesante” che, a differenza delle residuali ipotesi rientranti nella categoria per la cui realizzazione è sufficiente la s.c.i.a. in forza della residuale previsione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 1, lett. c), – sono assoggettati al previo rilascio del permesso di costruire con conseguente realizzazione della fattispecie penale contestata nel caso di assenza del titolo.
Qualora invece, si tratti di ristrutturazione edilizia “leggera” per cui è sufficiente la s.c.i.a., quand’anche la qualificazione giuridica dei lavori in termini di risanamento conservativo data dai richiedenti sia errata, il fatto comunque non integra gli estremi del reato contestato.
A tal proposito, la Cassazione ha affermato che “Il solo aumento delle unità immobiliari – che, peraltro, di regola già rileva per far ritenere che l’organismo che subisca un tale intervento sia “in tutto o in parte diverso dal precedente” non determina più, dunque, la necessità di munirsi del previo permesso di costruire, essendo al proposito necessario (al di là delle richiamate ipotesi di lavori nei centri storici o su immobili vincolati) che vi sia una modifica della volumetria complessiva o dei prospetti”.

La successione delle leggi penali nel tempo

Peraltro, la citata “novella” che ha modificato il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c), – pur intervenuta successivamente alla consumazione del reato in esame – è retroattivamente applicabile ai sensi dell’art. 2 c.p., comma 4.
Per tali motivi è stato affermato il seguente principio di diritto: “la modifica dell’art. 10, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 380 del 2001, operata con D.L. 12 settembre 2014, n. 133, art. 17, comma 1, lett. d), conv., con modiff., nella L. 11 novembre 2014, n. 164, che ha escluso dagli interventi di ristrutturazione edilizia subordinati a permesso di costruire quelli che comportino aumento di unità immobiliari o di superfici utili, osta alla riconduzione di tali ipotesi al reato di costruzione sine titulo di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. b), e deve trovare applicazione retroattiva, ai sensi dell’art. 2 c.p., comma 4, quale norma extrapenale più favorevole integratrice del precetto“.

La redazione giuridica

 
Leggi anche:
LOTTIZZAZIONE ABUSIVA: C’E’ IL REATO ANCHE SE ESISTE IL PERMESSO DI COSTRUIRE

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui