La Casa di Cura Villa del Sole viene citata dai congiunti del paziente deceduto che le addebitano la responsabilità delle complicanze insorte dopo l’intervento di bypass.
Il caso clinico
Il paziente, affetto da arteriopatia dell’arto inferiore destro, si era sottoposto nel 2002 ad intervento di ByPass femore-popliteo presso la casa di Cura Villa del Sole. L’intervento era stato effettuato con tecnica anestesiologica di puntura lombare. Secondo i congiunti della vittima, per negligenza, imperizia ed incapacità del medico anestesista e degli altri medici presenti all’intervento, si erano verificate delle complicazioni tali da determinare la totale invalidità del paziente.
L’asserito errato intervento chirurgico aveva determinato un deficit neurologico agli arti inferiori con perdita di totale controllo degli sfinteri. Inoltre, rimasti infruttuosi i ricoveri e la riabilitazione effettuata presso altre strutture ospedaliere, il paziente era stato riconosciuto invalido al 100% dall’ASL SA/2 perché bisognoso di “assistenza continua, globale e permanente, in tutti gli atti della vita quotidiana”.
La vicenda giudiziaria
Ammessa ed espletata la CTU, il Tribunale di Salerno, accertata la responsabilità professionale della convenuta Casa di Cura Villa del Sole, la condannava ex art. 1218 c.c. al pagamento della somma di 426.233,13 euro pro quota in favore degli eredi nella misura di 1/3 ciascuno, oltre interessi, a titolo di risarcimento dei danni patiti dagli attori sia iure ereditario nonché al pagamento dei danni iure proprio liquidati in 30.000 euro in favore di ciascuno dei 2 figli e di 40.000 euro in favore della moglie.
La Corte di appello di Salerno, previa nuova CTU medico-legale, in riforma integrale della sentenza di primo grado, rigettava integralmente le domande proposte dai familiari della vittima che venivano anche condannati al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio e della CTU.
Il ricorso in Cassazione
In Cassazione i soccombenti lamentano:
- a) senza alcuna altra argomentazione rispetto a quanto ritenuto dai CC.TT.UU. nel secondo grado di giudizio, la Corte territoriale ha affermato che l’evento di danno fu determinato da intervenute “complicanze” durante l’intervento di bypass, mentre la CTU esperita in prime cure aveva, invece, individuato, con elevato grado di probabilità, la causa delle lesioni nel comportamento censurabile tenuto dai sanitari della casa di cura durante l’intervento cui fu sottoposto il paziente.
- b) anche dalla relazione redatta dai CC.TT.UU. nominati in secondo grado non si rinvengono elementi circa la esclusione del nesso causale tra l’intervento cui fu sottoposto il paziente e le conseguenze lesive che ne derivarono (come del resto già sostenuto dal CTU di I grado) da attribuire a neurotossicità del farmaco iniettato al paziente durante l’anestesia. Inoltre, la sentenza impugnata sarebbe errata anche in relazione alla motivazione posta a base del “diniego della richiesta di inammissibilità del gravame”, in quanto, qualora la Corte di merito avesse comunque ravvisato l’inammissibilità dell’appello principale e di quello incidentale, avrebbe potuto dichiarare tale inammissibilità in sentenza.
Il rigetto della Corte di Cassazione
La Corte salernitana ha valutato e adeguatamente motivato per un verso, di aver nominato un collegio di consulenti per il rinnovo dell’accertamento peritale, avendo ritenuto fondata la doglianza formulata dalla appellante Casa di Cura, in ordine al vizio di motivazione della sentenza di primo grado che aveva recepito le conclusioni del CTU senza tener conto dei numerosi e specifici rilievi tecnici mossi dai convenuti, riproposti con l’atto di gravame.
La Corte d’appello ha poi espressamente evidenziato che le contestazioni mosse dalla Casa di Cura e dal medico convenuto alle risultanze della CTU di primo grado hanno trovato conferma nell’accertamento eseguito dalla seconda CTU che ne ha riscontrato la lacunosità principalmente sotto il fondamentale profilo dell’indagine anestesiologica.
Al proposito, la Cassazione ribadisce l’orientamento più che consolidato a mente del quale è stato chiarito che il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei Giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità.
In quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del Giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.
Le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla CTU
Ad ogni modo, le contestazioni e i rilievi critici delle parti alla CTU, ove non integrino eccezioni di nullità relative al suo procedimento, costituiscono argomentazioni difensive, sebbene di carattere non tecnico-giuridico, che possono essere formulate per la prima volta nella comparsa conclusionale e anche in appello, purché non introducano nuovi fatti costitutivi, modificativi o estintivi, nuove domande o eccezioni o nuove prove ma si riferiscano all’attendibilità e alla valutazione delle risultanze della C.T.U. e siano volte a sollecitare il potere valutativo del Giudice in relazione a tale mezzo istruttorio.
Nel caso concreto, non vi è né la violazione o falsa applicazione di norme lamentata dai familiari, né la contraddittoria motivazione che, viceversa, si è posta in coerente linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità, anche considerando che rientra pacificamente nei poteri discrezionali del Giudice di appello disporre la rinnovazione della CTU.
La Corte d’appello ha indagato analiticamente ed in modo adeguato i fatti, escludendo espressamente la responsabilità sia della Casa di Cura, sia del medico anestetista, sulla base della individuata “sindrome da cauda equina iatrogena, ritenuta fattore di interruzione del nesso causale giuridico tra l’intervento chirurgico e l’evento di danno occorso al paziente”. Al riguardo la Corte salernitana ha dato conto del fatto che la causa più probabile dell’evento lesivo occorso al paziente fosse quella della “neurotossicità da anestetico locale, come emerso dalle esperite risultanze peritali.”
Il ragionamento corretto della Corte di Appello
In particolare, la Corte di appello ha correttamente affermato:
- a) la sostanziale irrilevanza della lacunosità della cartella clinica, osservando che “siffatta condizione, rilevata proprio dai consulenti, non ha comunque impedito loro di ricostruire con completezza la fase pre e post operatoria”.
- b) La non fondatezza delle ipotesi secondo cui il danno neurologico fosse stato causato dal non corretto posizionamento del paziente durante l’intervento, durato tre ore e/o in ragione di un sovradosaggio del farmaco impiegato per l’anestesia peridurale.
- c) La insussistenza di fattori di incidenza alternativi determinati da altre patologie (nella specie, ematoma peridurale, ascessi o stenosi del canale spinale) la cui esistenza era stata esclusa sulla base della RMN, eseguita due giorni dopo l’intervento chirurgico, il 19 ottobre 2002.
- d) La non fondatezza delle doglianze sollevate in riferimento ai principi di causalità dell’evento giacché sarebbe rimasto oggettivamente dimostrato che, rispetto al momento precedente l’operazione, le condizioni di salute del paziente erano risultate nettamente peggiorate sotto il profilo neurologico, sicché il nesso causale doveva ritenersi provato e non poteva considerarsi escluso dalle “complicanze” richiamate dai CTU, concludendo in proposito che i congiunti della vittima non avevano tenuto conto «della necessaria distinzione che va fatta tra il nesso di causalità materiale e quello di causalità giuridica”.
In definitiva, il ricorso viene integralmente rigettato (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 7 novembre 2024, n. 28718).
Avv. Emanuela Foligno