Ipogonadismo e disfunzione erettile post LMC, ossia come avere un’esistenza rovinata per 9 anni: il tutto può valere come una pizza e una birra quotidiana in un buon ristorante?

Pubblichiamo una ctu interessante e ben fatta su di un caso clinico di ipogonadismo primario non curato per 9 anni per negligenza sanitaria e che il CTU medico legale ha quantificato come danno risarcibile nella misura di 9 anni di invalidità temporanea parziale al 25%.

L’interessante di questa ctu è il compito di dover tradurre in euro le conclusioni medico legali.

Ammettendo che la ctu sia esente da critiche (e non lo è, anche se è fatta bene!) cosa dovrà richiedere l’avvocato del danneggiato come proposta conciliativa alla controparte responsabile di tale calvario?

Evidentemente non si ritiene logica la soluzione semplicistica di tradurre in euro una invalidità parziale al 25% di 9 anni (pari a circa 25€ al dì), ma le soluzioni le approfondiremo dopo aver letto questo stralcio della ctu allegata (che consiglio di leggere perché ricca di informazioni scientifiche davvero interessanti):

“…Nel settembre del 1998, all’età di 13 anni, a seguito di riscontro di LMC (leucemia mieloide cronica ) il Sig. C. fu sottoposto a terapia antiblastica e a radioterapia al pene per priapismo presso l’Ospedale SS. Il Sig. C. rimase successivamente in cura presso la stessa struttura ove fu sottoposto a trapianto di midollo osseo in data 22.6.99 . Successivamente lo stesso rimase in cura presso l’ospedale di VV. Fu dichiarato guarito della leucemia nel Maggio 2006.

Fu solo nel settembre 2015 che il Sig. C. fu posto in terapia con testosterone (tostrex) con un netto miglioramento del quadro clinico, come anche dallo stesso Ricorrente dichiarato.

Dalle considerazioni espresse e motivate dal co-CTU Dott. GG non emergono, dal punto di vista medico legale, profili di responsabilità professionale dei sanitari dell’ospedale SS. che ebbero ad intervenire nella vicenda clinica documentata in atti.

Diversamente, si rilevano profili di negligenza dei Sanitari dell’ospedale VV che omisero di somministrare al Ricorrente idonea terapia ormonale sostitutiva a far data dalla dichiarata guarigione dalla LMC ( maggio 2006).

Per quanto riguarda il quadro clinico attuale, così come obiettivato in sede di inizio di operazioni di CTU dal Dott. GG e come riferito dal Sig. C., non puo’ essere riferito, in termini di maggior probabilità che non, a profili di responsabilità professionale sanitaria, in quando riconducibile essenzialmente agli esiti delle corrette terapie messe in atto dai sanitari intervenuti per il trattamento della LMC.

Può, invece, rilevarsi un periodo di inabilità temporanea parziale , mediamente valutabile al 25%, ascrivibile ai rilevati profili di responsabilità professionale dei Sanitari dell’ospedale di VV , dal maggio del 2006 all’inizio del 2016, periodo in cui se fosse stata somministrata una adeguata terapia ormonale sostitutiva con testosterone vi sarebbe stata con ogni probabilità una miglior qualità della vita del Ricorrente.

Delle spese mediche documentate nel fascicolo del Ricorrente sono…”.

Mentre di seguito si espone uno stralcio di quanto dichiarato dal paziente:

“…Tuttavia con il passare degli anni ho iniziato ad accusare stanchezza cronica, resistevo sempre meno allo stress, notavo che i rapporti sessuali erano sempre più difficoltosi, che la concentrazione nello studio e sul lavoro scarseggiava ma era un continuo dare colpa allo stress ed al troppo lavoro. …

Notavo che gradualmente la mia qualità della vita subiva una progressiva decadenza (dal 2010 candidosi intestinale incomprensibile anche per i medici di Monza, Gastroenterologi, Infettivologi, etc … – dal 2014 disturbi gastro enterologici, soprattutto intestinali davvero fastidiosi e quasi irrimediabili – herpes vari, etc ….) che ha raggiunto il minimo storico nell’estate del 2015 quando la stanchezza era divenuta eccessiva e rilevavo difficoltà ad effettuare qualsiasi attività. Avevo persino difficoltà di concentrazione, umore pessimo, impedimento a memorizzare informazioni appena recepite, accusavo lo stress molto di più rispetto ai miei colleghi pur facendo gli stessi orari e carichi di lavoro, facevo persino fatica a fare le scale ed avevo perso interesse per qualsiasi cosa che mi riguardasse; il sesso era diventato sempre più un problema anziché qualcosa da vivere a pieno e con entusiasmo…”.

Adesso se il solo danno conseguenza sono davvero i 9 anni di patimenti caratterizzati da astenia, grave disfunzione erettile, problemi gastro-intestinali, etc, qual è il danno risarcibile al periziando?

La collega CTU si è espressa in termini di invalidità biologica temporanea al 25% che poi è conclusione intelligente e condivisibile e che tradotta alla lettera in termini economici corrisponderebbe a circa 85 mila euro.

Con l’espressione “invalidità temporanea” (e non di “inabilità”: quest’ultimo è concetto che attiene al profilo del lucro cessante, non del danno biologico), si suole designare quell’aspetto del danno alla salute consistente nella forzosa rinuncia, per tutto il periodo della malattia, allo svolgimento delle proprie ordinarie attività esistenziali.

Ma l’invalidità temporanea, come quella permanente, è danno biologico che per definizione medico legale si riferisce alla “menomazione permanente e/o temporanea dell’integrità psicofisica della persona, comprensiva degli aspetti personali, dinamico-relazionali, passibili di accertamento e di valutazione medico legale e indipendente da ogni riferimento alla capacità di produrre reddito”.

Detto ciò se è praticamente impossibile contraddire in termini valutativi le conclusioni del ctu (se non minimamente nella quantificazione che risulta a mio parere leggermente inferiore), non si può che evidenziare il secondario e conseguente aspetto a questo calvario esistenziale accertato, ossia la sofferenza interiore e psichica del periziando che per definizione ontologica non è ricompresa nel danno biologico.

Analizzato adeguatamente il “calvario” del periziando e le specifiche attività esistenziali (al di la di quelle lavorative che sono state assolutamente inficiate dallo status clinico conseguente a livelli bassi ematici di testosterone) non si può che concludere che il valore economico pari al 25% di un giorno di invalidità temporanea assoluta (che è pari a circa 100€) dovrà certamente essere personalizzato adeguandolo alla grave sofferenza interiore patita.

Ma quanto va personalizzata?

I seri disturbi lamentati (e classici della malattia accertata, ossia l’ ipogonadismo) dal periziando coinvolgono talmente tanto sia la sfera intima quanto quella relazionale che la sofferenza interiore conseguita andrebbe confrontata con quella da “agonia” o comunque ad una sofferenza talmente grave che meriterebbe una personalizzazione pari ad almeno 4 volte il valore economico del 25% di un giorno di invalidità temporanea assoluta.

Potrebbe sembrare stonato il confronto con la sofferenza di colui che ha coscienza dell’avvicinamento della morte, ma se consideriamo che tale sofferenza è solitamente breve rispetto a quella vissuta per 9 anni dal paziente in questione, ci si può rendere conto come questo accostamento poi non è tanto assurdo.

Mi piacerebbe davvero avere l’opinione di giuristi e medici legali al mio indirizzo email galipo@libero.it. A tutti una buona lettura della ctu allegata.

Carmelo dr. Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

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