Il Supremo Organo ha sentenziato “con riferimento alla consulenza tecnica preventiva introdotta come condizione di procedibilità della domanda di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria, il differimento della regolamentazione delle spese processuali, comprensive delle spese della consulenza tecnica, all’esito del giudizio di merito avente ad oggetto la pretesa risarcitoria, è giustificato e non crea un ostacolo, eccessivo e rigido, che possa pregiudicare il diritto alla tutela giurisdizionale” (Corte Costituzionale, sentenza n. 87/2021, depositata il 5 maggio 2021)

La decisione affronta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, commi 1 e 2, l. n. 24/2017, ossia della disciplina della CTU preventiva introdotta come condizione di procedibilità della domanda di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria.

Come noto, il Giudice non può addebitare, neppure in misura parziale, a una parte diversa dal ricorrente, il costo, comprensivo dei compensi legali, dell’attività del collegio nominato per lo svolgimento della consulenza tecnica d’ufficio nel procedimento di cui agli artt. 696-bis c.p.c. e 8 l. n. 24/2017, che ha reso tale procedimento condizione di procedibilità della domanda giudiziale di merito.

Il Giudice rimettente – che nel procedimento principale, ha posto l’anticipazione delle spese della CTU a carico di entrambe le parti in solido – vorrebbe potere pronunciare la condanna al pagamento delle spese della CTU, come spese processuali, già all’esito del procedimento di CTU preventiva, tenendo conto dell’esito favorevole al ricorrente, senza che la loro regolamentazione sia necessariamente differita all’esito del successivo giudizio di merito sulla pretesa risarcitoria.

Il rimettente ritiene che il differimento delle spese al giudizio di merito stabilito dalla legge, può costituire, in determinati casi, come ad esempio per chi non rientra nel patrocinio a spese dello Stato ma versa in condizioni economiche precarie, un ostacolo all’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) e darebbe luogo ad una disparità di trattamento, così determinando un accesso differenziato alla tutela giurisdizionale in ragione delle capacità economiche della parte ricorrente (art. 3 Cost.).

La Corte rammenta che il procedimento disciplinato dall’art. 696 bis cpc è finalizzato, principalmente alla definizione in via conciliativa della controversia, ma anche ad anticipare una parte istruttoria fondamentale per la risoluzione di alcune cause caratterizzate – come quelle in tema di responsabilità sanitaria – da questioni soprattutto tecniche.

La finalità è chiaramente deflattiva essendo improntata a favorire l’accordo delle parti, previo accertamento delle questioni tecniche e Medico-Legali.

Non coglie nel segno la rappresentata diversità tra la procedura di cui all’art. 696 bis cpc e quella disciplinata dall’art. 445 bis cpc.

L’art. 445-bis cpc, infatti, stabilisce che, nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti deve presentare al tribunale istanza di ATP. Terminate le operazioni peritali, in assenza di contestazioni delle conclusioni del CTU, il Giudice provvede sulle spese.

La Consulta evidenzia che in tale tipo di procedimento, il Giudice regola le spese quando la fase dell’accertamento tecnico chiude il contenzioso in ragione dell’accordo delle parti, espresso o tacito (per mancata tempestiva contestazione delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio).

Invece, nel procedimento 696 bis cpc, questa verifica da parte del Giudice, riguardo l’accordo delle parti sull’esito dell’accertamento peritale, non è prevista e ciò giustifica che in nessun caso si possa provvedere sulle spese processuali.

Pertanto, differire la regolamentazione delle spese processuali e della CTU, all’esito del giudizio di merito, non può essere considerato un ostacolo idoneo a pregiudicare il diritto alla tutela giurisdizionale.

Oltretutto, sottolinea la Consulta, “il legislatore gode di un’ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali, incontrando il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute. Tale limite viene superato esclusivamente qualora emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire, mediante l’imposizione di oneri o modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale”.

Avv. Emanuela Foligno

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