Non può ritenersi imprevedibile il comportamento imprudente del lavoratore per portare a compimento l’opera affidatagli (Cassazione Penale, sez. IV, sentenza n. 11097 depositata il 23/03/2021)

La Corte di Appello di Trento riformava parzialmente la pronuncia di primo grado del Tribunale di Rovereto, assolvendo due dei tre imputati e riconoscendo al primo le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, con conseguente rideterminazione della pena (in mesi 10 e giorni 20 di reclusione), nonché revoca delle statuizioni civili.

La vicenda trae origine da un infortunio sul lavoro, mentre si svolgevano lavori nel cantiere edile per la realizzazione di un centro dialisi, nella corte interna dell’Ospedale.

L’Azienda sanitaria affidava l’appalto alla ditta prescelta, la quale sub-appaltava determinate opere ad altra ditta.

Nello specifico, gli operai allestivano una struttura metallica di sostegno dei pannelli sulla parete est del fabbricato in costruzione, tramite l’uso del ponteggio prefabbricato presente, quindi tiravano il telo barriera fissandolo con viti. Il giorno successivo gli operai dovevano terminare la posa in opera con il fissaggio a mezzo di viti dei pannelli aquapanel sulla sottostante struttura.

L’operaio infortunato saliva al secondo piano del ponteggio per il fissaggio con viti e cadeva al suolo decedendo.

Il Tribunale riteneva che la caduta fosse dipesa dal fatto che il ponteggio non copriva interamente la facciata sulla quale si doveva operare, sicché l’operaio si era dovuto sporgere eccessivamente dall’impalcatura in posizione prona o sdraiata o carponi, per procedere all’avvitamento.

Conclusivamente, il primo Giudice riteneva non dimostrata la caduta dal tetto del fabbricato, e motivava il decesso del lavoratore da volontà suicida.

La Corte d’Appello condivideva tale ricostruzione e assolveva la ditta committente, ritenendo che solo l’appaltatore avesse l’obbligo di provvedere alla installazione di un idoneo ponteggio, non ravvisando nella condotta dei coimputati violazioni degli obblighi sui medesimi gravanti.

La vicenda approda in Cassazione.

Secondo il ricorrente, la Corte di appello ha ritenuto che il ponteggio fosse inidoneo in quanto non si sviluppava lungo tutta la facciata dell’edificio oggetto dell’intervento; ma non è stato provato quale lavorazione, nello specifico, stesse eseguendo il lavoratore deceduto al momento della caduta, né la necessità di sporgersi dal ponteggio e se la precipitazione avvenne dal secondo piano.

Oltretutto, il Giudice d’appello non ha tenuto in considerazione quanto affermato dal consulente Tecnico, riguardo la possibilità di fissare il telo sul longherone metallico stando con i piedi sul piano di calpestio e all’interno del ponteggio munito di parapetto.

Anche i testi davano indicazioni analoghe.

Oltre a ciò, il Giudice d’appello non ha dato peso alla CTU laddove accertava che in ragione dell’altezza dal piano di calpestio del parapetto (120 cm.) il baricentro del lavoratore si veniva a trovare sempre all’interno dello stesso anche se si esponeva oltre il parapetto.

E’ evidente, dunque, il travisamento della prova, avendo ritenuto che la prova eseguita dal Consulente aveva ad oggetto il semplice allungamento del braccio e non la più complessa operazione eseguita.

Ed ancora, è errato e illogico quanto sostenuto dalla Corte territoriale riguardo la idoneità dimostrativa delle fratture, considerato che le Consulenze Tecniche non hanno accertato l’altezza della caduta e la posizione del lavoratore prima della precipitazione al suolo.

Venendo alla lavorazione svolta dal lavoratore deceduto al momento del sinistro, il Giudice d’appello ha tratto dalle testimonianze una conseguenza illogica, ovverosia che si stessero compiendo lavori di rifinitura della parete.

Invero, la lavorazione riguardava la collocazione sopra il telo dei pannelli, con il controllo della tensione al centro del predetto telo da parte di altro operaio situato al primo piano del ponteggio.

Conseguentemente, non vi è prova che il lavoratore dovesse intervenire sul lato esterno del ponteggio.

La Suprema Corte ritiene le doglianze infondate.

Gli Ermellini, sulla inidoneità del ponteggio, osservano che il ponteggio non correva parallelo all’intera facciata oggetto dell’intervento e si fermava a 45 cm. dall’estremità di questa.

Una volta acclarato quale lavorazione dovesse essere eseguita dal lavoratore, la Corte di appello ha escluso la precipitazione dal tetto.

In primo luogo ha rilevato che il ponteggio, al secondo piano, non presentava una tavola fermapiede deducendone che la sua rimozione era dovuta alla necessità del deceduto di sporgersi oltre l’estremità del ponteggio nella parte più prossima al piano di calpestio.

Così ragionando, ha tratto la conclusione che risultava possibile che il lavoratore si fosse sbilanciato nel protendersi all’esterno del ponteggio, cadendo al suolo, anche per il notevole peso del suo corpo.

Il Giudice di merito ha anche verificato se vi fossero ipotesi alternative egualmente verosimili, e comunque, in ogni caso, non può ritenersi imprevedibile il comportamento imprudente del lavoratore per portare a compimento l’opera affidatagli.

In conclusione, la Suprema Corte, annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione concernente la sospensione condizionale della pena, con rinvio alla Corte di Appello Trento, sezione distaccata di Bolzano, per nuovo giudizio sul punto.

Avv. Emanuela Foligno

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