Viene impugnata la decisione del Tribunale di Ancona che ha rigettato la domanda risarcitoria promossa nei confronti dell’Azienda Sanitaria, discostandosi dai risultati della CTU svolta in sede di ATP (Corte Appello Ancona, 22/01/2024, n.129).

La vicenda

Secondo l’appellante, il Tribunale di Ancona avrebbe errato nel discostarsi dalle risultanze della CTU eseguita in sede di ATP minimizzando così le omissioni diagnostiche e terapeutiche attribuite dal Consulente all’operato dei medici del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Fermo in occasione dell’accesso in data 08/05/2010.

Sempre secondo l’appellante, il CTU avrebbe evidenziato alcune significative lacune e omissioni nell’operato dei medici del P.S. di Fermo, avendo gli stessi omesso:

  • di registrare i parametri di base della paziente in cartella clinica (pressione arteriosa, frequenza cardiaca e temperatura);
  • di rilevare l’anamnesi della paziente; di verificare dosaggi enzimatici sanguigni ulteriori rispetto a quello effettuato (troponina) indispensabili per giungere alla eventuale diagnosi di infarto miocardico;
  • di eseguire un secondo ECG prima della dimissione della paziente.

Tali omissioni avrebbero impedito di porre una qualsiasi effettiva diagnosi del malore accusato dalla paziente la quale, mandata a casa dal Pronto Soccorso, decedeva nella notte tra il giorno successivo 09/05 e il 10/05/2010.

La incertezza sulla effettiva causa della morte, rilevata dal Tribunale, sarebbe addebitabile al comportamento superficiale dei medici dei Pronto Soccorso dell’Ospedale di Fermo e alle conseguenti omissioni diagnostico-terapeutiche, con la conseguenza che tali comportamenti non dovrebbero risolversi a vantaggio degli stessi, invece il Giudice di primo grado ha stabilito che, non sussistendo certezza sulla causa della morte, non è neppure possibile ritenere sussistente il nesso di causalità – della cui prova sarebbe stata onerata l’attrice – tra la condotta dei medici e quest’ultima.

Il giudizio di appello

La Corte ritiene il gravame infondato.

Primariamente viene dato atto della insussistenza di un qualsiasi accertamento sulle cause effettive della morte della paziente in ordine alla quale persiste completa incertezza.

La consulenza tecnica in sede di ATP, come rilevato anche dal Tribunale di Ancona, non consente di individuare, tra le possibili cause dell’arresto cardio-circolatorio che ha condotto a morte la paziente “una più probabile seriazione causale rispetto ad un’altra tra quelle proposte dallo stesso consulente (secondo il quale, considerata la fascia di età e le caratteristiche cliniche del caso, potrebbero ipotizzarsi, oltre all’infarto del miocardio, gli aneurismi dell’aorta toracica, la dissecazione aortica, come pure cause di non diretta derivazione cardiaca, come l’embolia polmonare, ovvero patologie acute del circolo cerebrale”.

A questo scopo non è certamente sufficiente la considerazione svolta dal CTU circa la elevata probabilità statistica dell’insorgenza dell’infarto del miocardio come causa di morte nelle persone di età medio-avanzata, come la paziente, dal momento che ai fini dell’accertamento della causalità giuridica non può venire in rilievo la mera probabilità statistica, dovendo invece farsi riferimento alla probabilità logica, desumibile dai dati complessivi di giudizio a disposizione del Giudice.

Dirimenti le considerazioni del CTU

Sul punto la Corte, oltre a evidenziare che la CTU non è mai stata contestata, ritiene dirimenti le considerazioni del Consulente: “È decisamente arduo stabilire se esista o meno un nesso di causa diretto tra il comportamento clinico prima evidenziato e il decesso della paziente, in considerazione della molteplicità di patologie che avrebbero potuto determinarlo”.

Le omissioni che il Consulente imputa ai medici del P.S. di Fermo riguardano l’astratta possibilità di diagnosi di un infarto del miocardio, patologia che tuttavia è risultata essere soltanto una di quelle da cui possibilmente poteva risultare affetta la paziente.

Non è possibile arguire dalla mancata effettuazione di accertamenti diagnostici (pur in astratto dovuti e/o opportuni) la sussistenza del nesso causale tra la condotta del medico e l’evento dannoso allorché, come nella specie, non vi sia sufficiente prova della idoneità dell’azione e/o dell’omissione del medico a determinare l’evento stesso.

In altri termini, per valorizzare la tesi dell’appellante, sarebbe stata necessaria una ragionevole elevata probabilità (almeno in termini del concetto di più probabile che non) che la paziente fosse effettivamente affetta – in occasione dell’accesso al P.S. del 08/05/2010 – da un infarto del miocardio.
Solo qualora sussistesse tale ragionevole elevata probabilità – che invece è stata esclusa dalle risultanze della CTU – potrebbe allora fondarsi il nesso causale necessario tra la condotta dei medici del Pronto Soccorso (ritenuta, almeno in ipotesi, non completamente corretta e completa dal CTU) e l’evento mortale occorso, anche in assenza di ulteriori riscontri diagnostici volti ad escludere altre possibili (e comunque plausibili) cause di morte.

Le omissioni diagnostiche non possono essere ritenute causa della morte

La Corte aggiunge quanto già osservato dal Tribunale di Ancona, ovverosia che “non è comunque possibile, alla luce delle stesse osservazioni della consulenza, ritenere che i medici del P.S. dell’Ospedale di Fermo abbiano commesso gravi omissioni diagnostiche, se è vero come è vero che comunque gli esami effettuati (RX torace, elettrocardiogramma, valori della troponina) non avevano restituito affatto indicazioni di un possibile IMA e che dunque nelle condizioni concrete di specie non sussistevano indicazioni specifiche per ulteriori approfondimenti diagnostici”.

In altri termini, anche sotto il profilo in esame, l’ipotetico omesso migliore comportamento diagnostico dei sanitari del P.S. dell’Ospedale di Fermo non è risultato così grave e determinante da poter essere considerato esso stesso causa della successiva impossibilità dell’accertamento del nesso causale della effettiva verificazione di un IMA di cui, tuttavia, mancavano indicazioni specifiche.

I giudici di Appello confermano pienamente la decisione di primo grado.

Avv. Emanuela Foligno

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