La Suprema Corte cristallizza i criteri per la liquidazione del danno da violazione del diritto alla privacy (Cassazione Civile, sez. III, 16 aprile 2024, n. 10155).

Il caso

La vicenda trae origine dal rimborso chiesto dalla interessata per le spese sanitarie inerenti il concepimento medicalmente assistito. La relativa istanza presentata al distretto sanitario di Cosenza viene accolta. Purtroppo la donna si accorge che la delibera di accoglimento della richiesta, pubblicata sull’Albo dell’ASP di Cosenza e online, contiene i dati sensibili dei soggetti interessati, le relative patologie e i trattamenti eseguiti e, addirittura, le coordinate bancarie di ciascun soggetto (che erano state indicate per l’accredito del rimborso).

Considerata la suddetta violazione estremamente grave, la donna e il marito citano a giudizio la ASP di Cosenza per la violazione dell’art. 2 Cost., dell’art. 8 CEDU e dell’art 4 Cod. Privacy. Il Tribunale di Cosenza accoglie le richieste dei coniugi, riconoscendo loro un risarcimento nella misura di 10.000 euro, a fronte degli oltre trecentomila euro richiesti.

Il Tribunale, a giustificazione dell’importo liquidato, dava atto che le generalità della donna e le sue coordinate bancarie erano state oscurate entro le 24 ore dalla pubblicazione e che nella delibera, diversamente da quanto contestato, non comparivano né le patologie, né le prestazioni sanitarie eseguite dai soggetti indicati, ma erano indicati l’acronimo e il provvedimento di legge che dava diritto al rimborso per la prestazione sanitaria.

L’intervento della Suprema Corte

I coniugi si rivolgono alla Corte di Cassazione, che tuttavia conferma la decisione impugnata, lamentando il non integrale ristoro dei danni lamentati.

Gli Ermellini ripercorrono i precedenti della materia, cui danno continuità, e sottolineano che il danno non patrimoniale è da intendersi come qualsiasi conseguenza pregiudizievole della lesione e che nella sua liquidazione il Giudice deve valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale, quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita.

La liquidazione del danno non patrimoniale sfugge a una precisa valutazione analitica e resta affidata al criterio equitativo. Il criterio equitativo non può essere messo in discussione in Cassazione a due condizioni:

  1. quando il Giudice dia conto del criterio utilizzato nella decisione;
  2. quando la valutazione risulti congrua al caso concreto, non sproporzionata per difetto o per eccesso, simbolica o irrisoria.

Tali principi sono stati correttamente applicati dal Tribunale di Cosenza, che sulla base degli elementi istruttori acquisiti, ha liquidato il danno in via equitativa in modo unitario, omnicomprensivo e proporzionato al danno non patrimoniale subito dalla coppia.

Avv. Emanuela Foligno

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