Particolare decisione riguardante l’obbligo di custodia del proprietario del fondo adiacente al condominio e alla strada gravata da servitù (Cassazione Civile, sez. III, 04/03/2024, n.5751).
La vicenda
Il Supercondominio chiedeva al proprietario del fondo attiguo di provvedere alle opere necessarie per la messa in sicurezza di e manufatti dai quali derivavano pericolo di frana e crollo con pregiudizio alla strada sottostante gravata da servitù condominiale.
Il Tribunale di Acqui Terme, con ordinanza del 19 febbraio 2013, accoglieva il ricorso del condominio e condannava la società proprietaria del fondo all’esecuzione dei lavori. L’ordinanza veniva confermata anche in sede di reclamo.
La soccombente conveniva in giudizio il Condominio onde accertare l’inesistenza del diritto all’esecuzione degli interventi indicati nella CTU a sue spese. Il Tribunale di Alessandria, cui nel frattempo era stato accorpato quello di Acqui Terme, rigettava le domande della società e tale decisione veniva confermata anche dalla Corte di Appello di Torino (sent. 1250/2019).
In particolare la Corte di Appello ha ritenuto sulla base dell’atto di acquisto l’esistenza di una servitù di passaggio e, sulla base della espletata CTU, che la profilatura della scarpata era riconducibile agli interventi di sbancamento. Il Giudice dell’Appello ha, anche, ritenuto corretta l’applicazione dell’art. 2051 c.c. e conseguentemente ha statuito che la proprietaria del fondo avesse l’obbligo di provvedere ad eliminare la situazione di pericolo predisponendo i rimedi indicati dalla CTU, salvo azione di rivalsa nei confronti di chi abbia materialmente causato il danno. Ha ritenuto anche che l’appellante non avesse fornito la prova liberatoria richiesta dall’art. 2051 c.c.
Il ricorso in Cassazione
In Cassazione la proprietaria del terreno lamenta che la Corte d’Appello avrebbe ritenuto la responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c., quando, invece, sarebbe responsabile il Condominio ai sensi dell’art. 2043 c.c., avendo sbancato la collina per realizzare l’insediamento, a nulla rilevando che materialmente lo sbancamento sia stato eseguito dal costruttore-venditore.
In sintesi, secondo la società ricorrente, la sentenza di appello sarebbe nulla per difetto ed illogicità di motivazione, avendo la Corte posto a carico della proprietaria del terreno le opere di contenimento della collina, malgrado avesse accertato che il pericolo di crollo era stato causato “dagli sbancamenti eseguiti durante la fase di urbanizzazione del Condominio”.
Preliminarmente vi è da osservare che le censure della società non riguardano un vizio in iure, perché pongono a loro presupposto la valutazione di una serie di risultanze fattuali e si risolvono in una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti.
La Corte territoriale, dopo aver confermato il giudizio formulato in primo grado, ha ritenuto sussistere (ad esito di un articolato percorso motivazionale) i presupposti per l’applicabilità dell’art. 2051 c.c.; parte ricorrente si lamenta dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, sostanziandosi così le sue doglianze in un’inammissibile contestazione dell’impianto motivazionale e della valutazione delle prove compiuta dal Giudice di secondo grado, il quale, sulla base del quadro probatorio complessivo, ha valutato che il pericolo sulla strada è derivato dalle opere compiute, negli anni, proprio dalla proprietaria del terreno.
Pertanto, la sentenza impugnata, per quanto di interesse e sul punto, è conforme alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “l’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima“.
Avv. Emanuela Foligno