La vittima, mentre seguiva a piedi la processione religiosa della Domenica Delle Palme, cadeva a terra a causa di un avvallamento della strada, non segnalato e posto in corrispondenza di un tombino di ghisa. I Giudici respingono la domanda di risarcimento, ma la Corte di Cassazione stigmatizza la “sentenza a sorpresa” (Cassazione Civile, sez. III, 03/04/2024, n.8857).

La vicenda

Sia il Tribunale di Siracusa che la Corte di Appello di Catania rigettano la domanda risarcitoria della vittima della caduta sulla strada presentata nei confronti del Comune di Augusta.

Nello specifico, il primo Giudice riteneva che, quanto alla “efficienza causale tra la cosa e l’evento”, tale prova non fosse stata fornita dalla parte attrice, essendo emerso che l’alterazione della sede stradale era assolutamente minima, di pochi centimetri, pertanto, non tale da giustificare la caduta.

La Corte d’Appello forniva, invece, una differente motivazione e sosteneva che in atti vi fosse la prova che il sinistro del 29 marzo 2015 non si fosse verificato (quantomeno durante la processione della Domenica delle Palme del 29 marzo 2015), visto che dal referto di pronto soccorso emergeva che il paziente aveva riferito una “caduta accidentale in ambiente urbano in data odierna (30/3/2015)”.

Il ricorso in Cassazione

La Cassazione censura la inesistenza del fatto storico e la decisività del certificato medico di pronto soccorso. Secondo la tesi difensiva della vittima, il sinistro sarebbe incontestato avendo il primo Giudice affermato che “in linea astratta, nessun dubbio può esservi in ordine alla qualificazione della responsabilità del Comune ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., essendosi il sinistro verificato all’interno del perimetro urbano dell’ente convenuto”, dando così per assodata la dinamica del sinistro, ivi comprese le sue circostanze di tempo e luogo, come riferite dall’allora parte attrice.

La Suprema Corte accoglie il ricorso limitatamente alla decisività del certificato medico di pronto soccorso. La questione della genuinità della dichiarazione resa dalla vittima e delle conseguenze del suo specifico contenuto, in occasione della visita di pronto soccorso, e precisamente in sede di anamnesi medica (dichiarazione poi trasfusa nel certificato medico prodotto in giudizio), non era stata oggetto di discussione né in primo grado, né in appello, sicché nel pronunciarsi su di essa – o meglio, nel porla a base della pronuncia di rigetto della domanda risarcitoria – la Corte di Catania ha adottato una delle cosiddette sentenze “a sorpresa” o della “terza via”.

La sentenza “a sorpresa”

La vittima ha prospettato in quali termini egli avrebbe potuto “neutralizzare” gli effetti, per sé pregiudizievoli, di quella dichiarazione, e ciò non solo deducendo la peculiare condizione in cui versava a seguito del sinistro (effetto dei farmaci antidolorifici assunti nell’occasione, o per lo shock da caduta”), ma anche assumendo di poter dimostrare, con qualsiasi mezzo di prova, senza dover necessariamente ricorrere alla querela di falso, la non veridicità dell’assunto per cui l’infortunio si sarebbe verificato il 30 marzo 2015 (e non il precedente giorno 29, vale a dire in occasione della Processione delle Palme).

Quanto, poi, alla sua fondatezza, viene richiamato principio secondo cui la “omessa indicazione alle parti di una questione di fatto, oppure mista di fatto e di diritto, rilevata d’ufficio, sulla quale si fondi la decisione priva i soggetti processuali del potere di allegazione e di prova sulla questione decisiva, con conseguente nullità della sentenza (da qui appunto l’epiteto “della terza via” o “a sorpresa”) per violazione del diritto di difesa tutte le volte in cui chi se ne dolga prospetti, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato”.

La Cassazione rinvia la causa alla Corte catanese, in diversa composizione, per la decisione sul merito.

Avv. Emanuela Foligno

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