La Suprema Corte conferma la sanzione amministrativa di 25 mila euro alla società datrice di lavoro che ha proposto mansioni incompatibili e gravose per i lavoratori invalidi. (Cassazione Civile, sez. lav., 22 aprile 2024, n. 10744).

Il caso

Confermata la sanzione pecuniaria per comportamento scorretto del datore di lavoro che non solo non ha offerto la prova dell’inesistenza di mansioni compatibili con le minorazioni dei lavoratori invalidi avviati, ma anzi ha proposto mansioni particolarmente gravose anche per soggetti normodotati.

La vicenda giudiziaria

La Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla società datrice di lavoro avverso l’ordinanza ingiunzione n. 187 del 2013 con la quale la D.T.L. aveva ingiunto il pagamento della somma di €25.154,80 a titolo di sanzione amministrativa irrogata in relazione alla violazione degli artt. 3 e 9 della legge n. 68 del 12 marzo 1990 per mancata copertura della quota di riserva.

La Corte – nel premettere che l’obbligo di assunzione di personale disabile pro quota aziendale è tassativo e che la mancata assunzione in assenza di opzione per il pagamento sul fondo alternativo è sanzionata con le pene pecuniarie previste ed irrogate con l’ordinanza impugnata – ha verificato che la mancata copertura della quota era pacifica in quanto documentata e ammessa.
Ha evidenziato che la società non aveva provveduto ad offrire ai lavoratori mansioni compatibili con il loro stato di minorazione fisica e che si sarebbero dovute concordare preventivamente con l’ufficio del collocamento le caratteristiche professionali che si era disposti ad inserire nell’ organico. Al contrario, erano state rese disponibili mansioni adatte a soggetti in condizioni fisiche molto resistenti che erano oggettivamente incompatibili con la situazione dei disabili emersa nel corso dei colloqui effettuati per il tramite del consulente del lavoro. Infine, il Giudice di appello ha sottolineato che la società non aveva esercitato l’opzione per l’esonero parziale dietro versamento al fondo regionale.

Il ricorso in Cassazione

Per quanto qui di interesse, in Cassazione, secondo il datore di lavoro, sarebbe errata la sentenza laddove ritiene che sia il datore di lavoro a dover individuare mansioni compatibili per il singolo lavoratore. Osserva che l’ufficio del lavoro aveva segnalato lavoratori sulla base delle professionalità richieste ed aveva provveduto ad inviare candidati presso l’azienda per il colloquio e la visita medica da parte del medico competente. Pertanto, nessuna omissione vi era stata da parte del datore di lavoro poiché l’art. 7 prevede proprio che il reclutamento avvenga sulla base delle indicazioni dell’ufficio preposto e che non sia il datore di lavoro a dover predisporre mansioni specifiche. Deduce, inoltre, che non esisterebbe alcun obbligo per il datore di lavoro di sottoscrivere convenzioni, ma piuttosto una facoltà un capo agli uffici competenti di stipularne per il conseguimento degli obiettivi occupazionali prefissati dalla legge.

Il giudizio della Cassazione

La S.C. “bacchetta” la società ribadendo che “sebbene non esista un obbligo in capo al datore di lavoro, che sia tenuto ad avere nell’organico una percentuale di lavoratori invalidi, di procedere ad adattamenti della organizzazione per consentirne l’utilizzazione – diversamente da quanto avviene per il licenziamento determinato dall’aggravamento dell’infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio –, tuttavia, laddove si eccepisca che non si sia potuto dar corso all’assunzione del personale avviato per una incompatibilità tra le mansioni disponibili e l’invalidità, è onere del datore di lavoro dimostrare tale incompatibilità assoluta con tutte le mansioni disponibili”.

Questo obbligo altro non è che quella correttezza e buonafede che sovraintendono in generale i rapporti contrattuali, ivi compreso lo svolgimento del rapporto di lavoro, e che devono guidare la condotta della parte datoriale che in via generale, e salvo i casi di esonero, è tenuta ad assumere lavoratori invalidi.

Solo nel caso in cui vi siano speciali e particolarissime attività lavorative incompatibili per i disabili, è possibile ottenere, a domanda, un esonero parziale alle quote di riserva e condizionatamente al versamento del contributo esonerativo al ‘Fondo regionale per l’occupazione dei disabili’ per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore disabile non occupato.

Ad ogni modo, le censure della datrice di lavoro vengono rigettate in quanto in entrambi i gradi di merito è stato accertato che la società non solo non aveva offerto la prova dell’inesistenza di mansioni compatibili con le minorazioni dei lavoratori invalidi avviati, ma anzi, con condotta che si poneva in contrasto con i principi di correttezza e buonafede, aveva proposto mansioni che non solo non erano oggettivamente compatibili con le invalidità dei soggetti avviati ma anzi erano particolarmente gravose anche per soggetti normodotati.

Avv. Emanuela Foligno

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