Ricoveri prolungati, insorgenza di infezioni e setticemia del paziente

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Viene convenuta a giudizio l’Azienda ospedaliera di Modena per i danni asseritamente conseguenti a condotte imperite da parte di tre diversi reparti dell’ospedale di Modena, ove il paziente era stato ricoverato per oltre tre mesi contraendo diverse infezioni.

La vicenda

Il paziente, a causa dei prolungati ricoveri, contraeva diverse infezioni sino alla setticemia che lo conduceva alla morte.

Il Tribunale di Modena rigettava la domanda risarcitoria della moglie e delle figlie della vittima. Invece, l’appello veniva accolto dalla Corte di Bologna, previa rinnovazione delle indagini peritali. La condanna dell’Azienda ospedaliera a risarcire i danni nella misura di 323.333 euro per la moglie ed in favore di ciascuna delle figlie nella misura di 283.333 euro.

L’Azienda Ospedaliera impugna la decisione deducendo errato criterio di analisi medico legale ed errata valutazione del nesso causale mediante giudizio controfattuale. In altri termini, l’azienda ospedaliera sostiene che la sentenza impugnata avrebbe errato nell’applicare le regole del giudizio controfattuale. Questo perché avrebbe fondato il suo accertamento esclusivamente sulla seconda CTU, procedendo ad una valutazione ex post e non ex ante dei fatti di causa.

La Cassazione respinge l’impugnazione

Innanzitutto gli Ermellini danno atto che il ricorso non riporta nulla né della vicenda sanitaria né, soprattutto, dei contenuti della sentenza impugnata. Anche nella memoria, finalizzata ad approfondire la tesi giuridica svolta in ricorso, le ricorrenti continuano a confrontarsi esclusivamente con le risultanze della CTU, e non con il provvedimento impugnato.

Solo dalla lettura della sentenza impugnata si evince che il paziente, soggetto vulnerabile e a rischio, ricoverato in ospedale con diagnosi in ingresso di miastenia gravis, contraeva durante la permanenza nella struttura diverse infezioni che determinavano una insufficienza multiorgano da shock settico che ne causava la morte.

In via pregiudiziale ed assorbente, il ricorso viene dichiarato inammissibile per difetto di una esposizione pur sommaria dei fatti di causa.

In particolare, il ricorso omette pressoché completamente qualsiasi riferimento allo svolgimento del giudizio, non contenendo indicazioni da cui possa ricavarsi quali siano stati l’origine ed i contorni esatti dell’oggetto della controversia, quali le specifiche domande, eccezioni e difese articolate dalle parti e come si siano svolti, infine, gli stessi fatti di causa, con particolare riguardo al contenuto e alla consistenza delle questioni controversie ed alle ragioni in forza delle quali esse sono state decise. Tali indicazioni, pur necessarie, non emergono con sufficiente comprensibilità, né dalla premessa del ricorso, né dalla lettura dei motivi.

In particolare, non è dato neppure sapere con precisione, e senza attingere alla lettura della sentenza, quale sia stata la causa della morte del paziente, inoltre, non è riportato neppure per sommi capi il ragionamento decisorio contenuto nella sentenza impugnata.

Il ricorso deve contenere una parte espositiva dei fatti e del processo

Come già affermato più volte, l’esigenza che il ricorso contenga, a pena di inammissibilità, una parte espositiva in via sommaria del fatto sostanziale e processuale dovrebbe idealmente essere assolta in via autonoma prima dell’articolazione dei motivi. Tuttavia, può consentirsi che la parte espositiva dei fatti sia incorporata nell’ambito della illustrazione di essi, purché da essi emerga con sufficiente chiarezza. Nel caso di specie, però, non è possibile procedere ad una ricostruzione dei complessi rapporti tra le parti, idonea a far comprendere la vicenda e il suo svolgimento processuale, neppure integrando la lettura del “cenno dei fatti” riportato in ricorso con la lettura dei motivi.

A ciò si aggiunga che il controricorso (che è stato correttamente strutturato dall’azienda ospedaliera) non può essere snaturato rispetto alla sua naturale funzione di contenere le argomentazioni atte a contrastare l’impugnazione altrui e non può supplire alle lacune del ricorso introduttivo.

Conclusivamente il ricorso è inammissibile. La lettura dell’intero ricorso non è idonea a soddisfare quella esigenza minima che la legge processuale ha voluto garantire richiedendo che nel ricorso per cassazione vengano esposti, anche sommariamente, i fatti della causa (Cassazione Civile, sez. III, 23/04/2024, n.10866).

Avv. Emanuela Foligno

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