Il principio di causalità opera, nel sistema della responsabilità civile, con la duplice finalità di criterio di imputazione del fatto illecito (sia per la responsabilità contrattuale che aquiliana) e di criterio di accertamento dell’entità delle sue conseguenze pregiudizievoli, che si traducono in danno risarcibile.

La decisione a commento tratta del contrasto giurisprudenziale apparente fra i danni diretti e quelli mediati e indiretti e del principio di causalità (Cassazione Civile, 29 febbraio 2024, n. 5380).

La S.C. indica che il principio di causalità opera in due distinte fasi, riguardanti l’una il giudizio sull’illecito (causalità materiale), ovvero quello riguardante il nesso che deve sussistere fra la condotta e l’evento, affinché possa configurarsi la responsabilità e l’altra il giudizio sul danno da risarcire (causalità giuridica), ovvero il nesso che deve sussistere fra l’evento e il danno, il cui fine è quello di delimitare i confini del risarcimento, scaturente da detta responsabilità, evitando ipotesi di indebito arricchimento del danneggiato.

Il fatto

In occasione di un contratto preliminare per l’acquisto di un immobile, i venditori avevano dolosamente taciuto agli acquirenti la circostanza che il bene era gravato da servitù di passaggio pedonali e carrabili.

Il Tribunale di Savona accoglieva la domanda e liquidava i relativi danni per oltre 130.000 euro, comprensivi delle spese inerenti le servitù di passaggio. La Corte d’Appello di Genova, in riforma parziale, riduceva significativamente l’importo risarcitorio e riconosceva solo la differenza tra il prezzo corrisposto dagli acquirenti ai venditori e quello che questi ultimi avevano a suo tempo corrisposto al precedente proprietario.

Gli acquirenti proponevano ricorso innanzi alla Corte di Cassazione lamentando l’esistenza di un contrasto sulla risarcibilità del danno conseguente all’evento dannoso.

Il primo orientamento, posto a fondamento della decisione di secondo grado, afferma che la risarcibilità dei danni cagionati, a uno dei contraenti, dalla condotta truffaldina dell’altro contraente, secondo il disposto dell’art. 1440 c.c., ha come presupposto la sussistenza di un rapporto rigorosamente conseguenziale e diretto tra l’evento dannoso e le sue conseguenze pregiudizievoli. Il secondo principio afferma che la responsabilità per il danno derivante da reato comprende anche i danni mediati e indiretti, che costituiscono effetti normali dell’illecito, secondo il criterio della regolarità causale.

La decisione della Cassazione

La Cassazione ritiene che il contrasto lamentato sia meramente apparente e che può essere risolto tenendo conto del fatto che entrambi i principi fanno riferimento al disposto dell‘art. 1223 c.c., secondo cui il risarcimento del danno deve ricomprendere sia il danno emergente, che il lucro cessante, che siano conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o del fatto illecito.

Nel sistema della responsabilità civile opera il principio di causalità che ha la duplice finalità di criterio di imputazione del fatto illecito (sia in termini di responsabilità contrattuale che aquiliana) e di criterio di accertamento dell’entità delle sue conseguenze pregiudizievoli, che si traducono in danno risarcibile.

Tale principio opera in due distinte fasi, riguardanti l’una il giudizio sull’illecito (causalità materiale), ovvero quello riguardante il nesso che deve sussistere fra la condotta e l’evento, perché possa configurarsi la responsabilità e l’altra il giudizio sul danno da risarcire (causalità giuridica), ovvero il nesso che deve sussistere fra l’evento e il danno, il cui fine è quello di delimitare i confini del risarcimento, evitando ipotesi di indebito arricchimento del danneggiato.

Quest’ultimo tipo di giudizio, che si qualifica come ipotetico e controfattuale, fa riferimento al differenziale fra la condizione attuale del danneggiato e quella che sarebbe risultata, in assenza del fatto dannoso.

La natura stessa di tale giudizio, statuisce la Suprema Corte, spiega e giustifica l’opinione secondo cui, al di là del tenore letterale dell’art. 1223 c.c., nei confini del danno risarcibile rientrino anche i danni indiretti e mediati, che siano normale conseguenza dell’evento dannoso, secondo la teoria della regolarità causale (sentenza Cass. Civ. n. 31546/2018).

Ebbene, un tale pregiudizio è esattamente quello al cui risarcimento è diretto l’importo già riconosciuto dalla Corte d’Appello di 30.986,48 euro, in quanto sostanzialmente commisurato al minor valore di scambio che al bene sarebbe stato attribuito ove non fosse stato taciuta la servitù su di esso gravante.

Liquidando quell’importo la Corte d’Appello ha da un lato, identificato esattamente il solo pregiudizio causalmente riferibile alla condotta dolosa, sul punto pertanto la sentenza ha espresso una valutazione di merito circa il più adatto parametro di liquidazione, come tale insindacabile in Cassazione.

Il ricorso viene rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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