Uno dei congiunti della paziente deceduta ricorre per la cassazione della sentenza n. 961 del 2020 della Corte di Appello di Palermo, esponendo che:

  • in uno ad altri due congiunti aveva convenuto l’Azienda Ospedaliera per ottenere il risarcimento dei danni indicati come conseguenti a un intervento di natura laparoscopica, con decesso della congiunta paziente;
  • il Tribunale rigettava la domanda con pronuncia confermata dalla Corte di Appello secondo cui, in particolare, la previamente intervenuta transazione tra la compagnia di assicurazione del Medico indicato come responsabile dell’evento, e gli originari attori, era stata riferita all’intera prestazione risarcitoria, posto che l’Azienda ospedaliera rispondeva per fatto altrui, ossia del medico, non essendo stata invocata altra responsabilità autonoma della struttura stessa.

Il giudizio di Cassazione

Viene prospettata la violazione dell’art. 1304 c.c., poiché la Corte di Appello avrebbe tratto erronee conseguenze dall’intervenuta transazione sul presupposto che questa avesse avuto per oggetto l’intero debito reclamato, contro il tenore letterale dell’accordo, che specificava di aver riguardo alle pretese avverso il Medico, e infatti con contestuale rinuncia all’azione civile svolta in sede penale dov’era unico imputato.

La S.C. ritiene le censure inammissibili e indica in linea generale che in tema di responsabilità per danni da attività medico-chirurgica, quand’anche la domanda risarcitoria si fondi sull’erroneo operato del Medico e non sui profili strutturali e organizzativi della Struttura Sanitaria, la transazione tra Medico e danneggiato non impedisce, di per sé, l’esercizio dell’azione per l’accertamento della responsabilità della Struttura ospedaliera – che non ha natura di responsabilità per fatto altrui, bensì per fatto proprio.

La Corte di Appello ha ritenuto, tuttavia, che “il tenore letterale” dell’accordo transattivo era riferito alla “intera prestazione risarcitoria, con la rinuncia a “promuovere qualunque ulteriore azione in qualsivoglia sede”, chiaramente rivolta non solo al Medico e alla sua compagnia assicuratrice, ma proprio per l’utilizzo del lemma “ulteriore”, a qualsivoglia corresponsabile quale appunto l’Azienda Ospedaliera”.

Ebbene, la S.C. ribadisce che le censure all’interpretazione contrattuale non possono “risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile, ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal Giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra”.

Il suddetto principio, traduce, sul punto, i limiti del sindacato di legittimità, che non può intaccare quello che dev’essere riconosciuto, nell’evidenziato perimetro, come un sindacato fattuale.

La responsabilità della struttura

La responsabilità della Struttura, rispetto all’operato del Medico, è per fatto proprio, salva, per superare la presunzione di parità di quote di responsabilità, la dimostrazione che alla colpa del Medico si affianchi l’evidenza di un difetto di correlate trascuratezze nell’adempimento del contratto di spedalità da parte della Struttura, comprensive di controlli atti a evitare rischi dei propri incaricati, da valutare in fatto, da parte del Giudice di merito, in un’ottica di duttile apprezzamento della fattispecie concreta.

Avendo la Corte di Appello, avendo plausibilmente affermato di ritenere la transazione, conclusa dagli originari attori, a definitiva chiusura anche dei profili comuni o connessi di responsabilità, alla Corte di Cassazione è preclusa una rivisitazione (Cassazione civile, sez. III, 29/12/2023, n.36487).

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui