Cassazione Civile, sez. III, Sentenza N. 7768 del 20/04/2016

Questa interessante pronunzia della Suprema Corte ha trattato il caso di un neonato che a causa di ipossia durante il parto ha subito gravi danni, rimanendo in stato vegetativo. A seguito del drammatico evento, i genitori hanno agito in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni subiti anche dal minore.

Sia in primo grado che in appello i genitori hanno ottenuto il ristoro dei danni non patrimoniali per loro stessi e per il minore, oltre al ristoro del danno patrimoniale in forma di rendita vitalizia, ma hanno visto negarsi dalla Corte territoriale il risarcimento del danno non patrimoniale per perdita del rapporto parentale all’altra figlia, nata dopo il tragico evento.

L’azienda Ospedaliera è ricorsa in Cassazione argomentando di non essere responsabile dell’operato dei Medici perché appartenenti all’organico di altra Struttura Ospedaliera. Infatti nel caso in esame la gestante, durante la fase del travaglio e del parto, è stata assistita da un’equipe di Medici che però sono dipendenti di un presidio ospedaliero differente da quello dove è avvenuto il parto. Resistono con ricorso incidentale i genitori del bambino leso.

Pacifico oramai che nei casi di ricovero ospedaliero si discorre di responsabilità di tipo oggettivo poiché l’utente conclude un contratto di spedalità con la Struttura. Egualmente pacifico che la responsabilità del Medico dell’Azienda Ospedaliera nei confronti del paziente è generata dal contatto sociale che sorge tra Medico e utente.

Ribadito ciò, gli Ermellini statuiscono che nei casi in cui un paziente utilizzi una Struttura Sanitaria, gestita da un soggetto diverso e terzo, degli eventuali danni causati dal personale Medico che lavora nella Struttura deve risponderne il soggetto che ha la diretta gestione della struttura, perché è con la Struttura che l’utente conclude il cosiddetto contratto di spedalità, non con il gestore terzo.

Nel caso di specie però, la paziente viene ricoverata e assistita da personale dipendente non della struttura dove è avvenuto l’evento, ma di altro presidio ospedaliero.

Gli Ermellini hanno, pertanto, dovuto interrogarsi sulla circostanza se l’equipe esterna possa comunque ritenersi personale ausiliario ex art. 1228 c.c. della struttura dove è avvenuto l’evento.

Al riguardo è stato ritenuto che legittimata passiva è la Struttura dove concretamente si è verificato il ricovero e l’evento dannoso poiché è dal ricovero che sorge nella Struttura l’obbligo di garantire l’assistenza sanitaria all’utente.

Oltre a ciò gli Ermellini, richiamando le disposizioni di cui all’art. 1228 e 2049 c.c., e le numerose precedenti pronunzie di eguale indirizzo espresse sull’argomento, confermano che il debitore nell’adempimento dell’obbligazione, se si avvale dell’opera di terzi, risponde dei fatti dolosi o colposi cagionati da costui anche se non sia alle sue dirette dipendenze. Specificano, ulteriormente, che la responsabilità per fatto compiuto dall’ausiliario non è ancorata all’esistenza di un contratto di lavoro perché ciò che rileva è che il debitore dell’obbligazione si sia avvalso dell’opera di un terzo per assolvere la propria obbligazione.

Il filone argomentativo e motivazionale sviluppato dalla Suprema Corte è il medesimo che ha indotto, nel recente passato, a riconoscere l’Azienda Sanitaria Locale responsabile ex art. 1228 c.c. dei danni arrecati da un Medico di base ai propri pazienti.

Ma la peculiarità innovativa di questa pronunzia risiede nel fatto che nel caso in esame l’equipe medica non si trovava in regime di libera professione, ma legato da un rapporto di lavoro dipendente con un’altra Struttura Ospedaliera.

Altra particolarità della Sentenza in esame è che gli Ermellini hanno dovuto affrontare il mancato riconoscimento, da parte dei Giudici di secondo grado, del danno morale in capo alla sorella del bambino leso, nata tre anni dopo l’evento. Al riguardo, richiamando le precedenti pronunzie di eguale contenuto, la Corte ha riconosciuto il ristoro del danno non patrimoniale per perdita del rapporto parentale anche alla sorella nata dopo tre anni dall’evento dannoso.

 

Avv. Emanuela Foligno
(Foro di Milano)

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