La Suprema Corte analizza il criterio di liquidazione del danno alla capacità lavorativa rapportato alla percentuale di invalidità accertata (Cassazione civile, sez. III, 27/12/2023, n.36104).

Il danneggiato conveniva giudizio innanzi al Tribunale di Roma il quale conducente del veicolo, il Ministero degli Interni, quale proprietario del veicolo, e Generali Italia s.p.a., chiedendo il risarcimento del danno cagionato da sinistro stradale. Mentre INAIL interveniva volontariamente nel giudizio.

Il Tribunale di Roma, previo accertamento con CTU dell’invalidità permanente nella misura del 60%, così liquidava il danno:

– 439.810,02 euro per danno biologico; 15.120 euro per inabilità assoluta; 150.000 euro per danno morale. Detratti da tali importi la somma incassata di 86.180 euro e la somma di 442.116,25 euro, oggetto della surroga dell’INAIL, condannava i convenuti al pagamento di quest’ultima somma in favore dell’INAIL e al pagamento in favore dell’attore della somma di 112.546,56 euro, comprensiva di interessi e rivalutazione, oltre le spese processuali nella misura di 10.095 euro.

L’infortunato proponeva appello e, con decisione del 22 aprile 2021, la Corte di Roma, in parziale accoglimento, condannava il conducente del veicolo, il Ministero degli Interni e Generali Italia s.p.a., in solido, al pagamento della ulteriore somma di 10.000 euro, nonché condannava gli stessi al pagamento in favore dell’INAIL della somma di 552.025,74 euro, limitata quanto a Generali Italia ad 114.391,73 euro, oltre interessi.

La Corte di Appello di Roma condivideva, nel merito, la valutazione del Tribunale, non essendo state prospettate dall’appellante situazioni che non siano state concretamente esaminate dal Tribunale alla luce del quantum risarcitorio riconosciuto, e integranti la personalizzazione in aumento del quantum riconosciuto”.

L’incidenza dell’invalidità permanente sulla capacità lavorativa

Per quanto riguarda l’incidenza dell’invalidità permanente sulla capacità lavorativa, i Giudici di Appello davano atto che l’INAIL aveva considerato nella determinazione dell’indennizzo, ed in particolare della retribuzione presa a base, la tabella dei coefficienti costituenti indici di determinazione della percentuale di retribuzione da prendere come riferimento per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali, in relazione alla categoria di attività lavorativa di appartenenza ed alla ricollocabilità dello stesso e che pertanto in tal modo era stato pienamente considerato il danno incidente sulla cenestesi lavorativa da cui traeva origine il danno patrimoniale. Oltre a ciò, la documentazione prodotta dallo stesso danneggiato escludeva l’esistenza del presupposto di un reddito talmente esiguo da equipararlo ad un disoccupato.

Il giudizio di Cassazione

Osserva il ricorrente che, mentre con l’atto di appello era stata dedotta l’esigenza di personalizzazione dei danni, considerando i danni estetici, la diminuita capacità sessuale, la dolorosa presenza di chiodo metallico nel femore sinistro, l’abbandono dello sport e la diminuita vita di relazione, la corte territoriale non ha riconosciuto la personalizzazione del danno, limitandosi a condividere la valutazione di primo grado.

Osserva, inoltre, che gli spetterebbe il danno differenziale corrispondente al danno patrimoniale non liquidato, oltre al danno biologico ancora spettante, avuto riguardo all’incidenza dell’invalidità sulla sua capacità di produrre reddito. Aggiunge che l’importo liquidato in via equitativa per la perdita di chance è stato quantificato senza considerare in prospettiva i maggiori guadagni che un lavoratore può conseguire nell’arco dei successivi dieci anni di carriera professionale.

Le censure non sono ammissibili.

Per quanto riguarda la omessa personalizzazione del danno, in realtà, non sono state indicate situazioni diverse e ulteriori rispetto a quelle concretamente esaminate dal Tribunale, e suscettibili di integrare quelle conseguenze dannose anomale, eccezionali e peculiari, che giustificherebbero una ulteriore personalizzazione in aumento del quantum riconosciuto.

Venendo alla seconda censura, in concreto, il ricorrente confuta il giudizio di fatto, che è sindacato precluso, come noto, in sede di legittimità.

Gli Ermellini sottolineano che i conteggi liquidatori svolti dai Giudici di merito sono corretti

Quanto al danno patrimoniale, separata la quota destinata al ristoro del danno biologico da quella destinata al ristoro del danno patrimoniale da incapacità lavorativa, la prima va detratta dal credito per danno biologico permanente, al netto della personalizzazione, se provata, e del danno morale; la seconda dal credito per danno patrimoniale da incapacità di lavoro, se esistente e provato.

In relazione a quest’ultimo danno, il ricorrente si duole genericamente ed astrattamente del riconoscimento di un credito per danno patrimoniale eccedente la quota facente parte della somma erogata dall’INAIL.

Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Avv. Emanuela Foligno

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