Fondazione Enasarco sostiene che la decorrenza del requisito contributivo minimo sia differita al primo giorno del mese successivo alla data d’insorgenza dell’invalidità. Invece, tutti i gradi di giudizio hanno stabilito la decorrenza alla data di presentazione della domanda amministrativa (Cassazione Civile, sez. lav., 13/02/2024, n.3968).
Il caso
La Fondazione Enasarco impugna per cassazione la sentenza n. 1098 del 2021 della Corte d’Appello di Bari del 11 giugno 2021, che ha respinto il suo gravame confermando la pronuncia del Tribunale di Bari che accertava il diritto dell’ex lavoratore, invalido nella misura del 70%, di percepire la pensione d’invalidità a decorrere dal 21 agosto 2012.
La normativa
L’art. 19, comma 1, del Regolamento Enasarco consente di chiedere la pensione d’invalidità all’iscritto che abbia riportato un’invalidità a causa d’infermità o di difetto fisico o mentale, “insorto o aggravatosi dopo l’iscrizione alla Fondazione, almeno del 67% della capacità lavorativa nell’attività d’agente effettivamente esercitata” (lettera a). Ulteriore requisito, per accedere alla pensione d’invalidità, è il possesso di “almeno cinque anni di anzianità contributiva obbligatoria di cui almeno tre anni nel quinquennio antecedente la presentazione della domanda di pensione” (lettera b).
Il secondo comma della medesima suddetta norma puntualizza che la pensione d’invalidità “decorre dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda ed è calcolata con riferimento alla data di presentazione della domanda stessa” (primo periodo). La decorrenza è differita al primo giorno del mese successivo alla data d’insorgenza dell’invalidità, “quando, a seguito di accertamento medico, risulti che essa sia intervenuta successivamente alla presentazione della domanda e sempreché alla data dell’insorgenza dell’invalidità sussistano i requisiti di cui alla lett. b del precedente comma” (secondo periodo).
L’interrogativo rivolto alla Corte di Cassazione
Il giudizio verte sull’interpretazione del menzionato art. 19, comma 2, secondo periodo, del Regolamento Enasarco.
Enasarco, nei gradi di merito e in Cassazione, segue la tesi che, nell’ipotesi di sopravvenienza dell’invalidità, il requisito contributivo minimo di tre anni nell’ultimo quinquennio debba essere ancorato non alla data di presentazione della domanda amministrativa, ma all’epoca d’insorgenza dell’invalidità.
La Corte di Bari non ha accolto tale tesi e ha valorizzato il richiamo alla lettera b) del comma 1, che definisce il requisito contributivo e lo parametra ai “cinque anni di anzianità contributiva obbligatoria di cui almeno tre anni nel quinquennio antecedente la presentazione della domanda di pensione”.
La diversa interpretazione
Sul punto i Giudici di Appello hanno precisato che una diversa interpretazione recherebbe “un evidente vulnus all’esigenza di tutela previdenziale perseguita dalla norma: essendo indubbio che la sussistenza, alla data della domanda, di una forma di invalidità in capo all’assistito – persino vicina, come accaduto nella fattispecie, alla soglia limite del 67% – potrebbe nei fatti impedire lo svolgimento dell’attività lavorativa in termini utili ad assicurare, in concomitanza con l’aggravarsi della patologia, la permanenza del requisito contributivo, il cui accertamento va quindi ancorato alla data di proposizione della domanda”.
Il lavoratore interessato presentava domanda amministrativa il 23 dicembre 2011. Nel corso della visita collegiale dell’8 novembre 2012, gli veniva riscontrata un’invalidità del 70%, a decorrere dal 21 agosto 2012, data posteriore alla presentazione della domanda amministrativa.
La Corte di Bari ha reputato condizione necessaria e sufficiente per il conseguimento della pensione d’invalidità la titolarità, al momento della presentazione della domanda, del “requisito contributivo mobile di tre anni di anzianità contributiva”. È dunque ininfluente la carenza di tale requisito al momento dell’insorgenza dell’invalidità in un grado idoneo a giustificare l’accesso alle correlate prestazioni.
Per contro, Enasarco sostiene, in particolare, che la Corte avrebbe errato, a fronte di uno stato invalidante insorto in data successiva alla presentazione della domanda, a non “effettuare una nuova verifica della sussistenza del requisito contributivo con riferimento alla data di accertata insorgenza dello stato invalidante”.
Il Regolamento Enasarco non può essere considerato come fonte normativa secondaria
Gli Ermellini, nel respingere le censure di Enasarco, specificano che il Regolamento Enasarco, deputato a disciplinare le attività istituzionali dell’ente, non può essere considerato come fonte normativa secondaria, ai sensi dell’art. 1, n. 2, delle preleggi, e non può essere invocato per far valere il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto.
Il suddetto regolamento ha valore negoziale e, pertanto, il sindacato di legittimità è circoscritto alle ipotesi di violazione delle regole di ermeneutica enucleate dagli artt. 1362 e ss. c.c.
Difatti, è da considerarsi del tutto pacifico che quando di una clausola contrattuale siano praticabili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal Giudice di merito, dolersi in Cassazione del fatto che sia stata privilegiata l’altra interpretazione. L’interpretazione del contratto è un’indagine di fatto riservata al Giudice di merito ed è inammissibile la censura che si risolva nella contrapposizione di un’esegesi diversa da quella accolta nella sentenza impugnata.
Ad ogni modo, la Corte di Bari ha esposto in maniera esaustiva le ragioni che avvalorano l’interpretazione delle previsioni negoziali concernenti i requisiti contributivi in caso d’insorgenza successiva dell’invalidità.
Avv. Emanuela Foligno