Responsabilità della Struttura sanitaria (Cassazione civile, sez. III, 16/06/2023, dep. 16/06/2023, n.17405).

Art. 1228 c.c. e responsabilità della struttura sanitaria.

L’assicurazione impugna la decisione della Corte di Appello di Torino esponendo che:

– il paziente aveva convenuto a giudizio il Policlinico allegando di essere stato sottoposto a un intervento chirurgico di sostituzione totale dell’anca destra, nel 2005, con “equipe” chirurgica composta da P.F. e P.A., dopo l’indicazione a tale intervento avvenuta da parte del primo medico, risultata quanto meno eccessiva, come accertato in sede di ATP, pur senza specifici profili d’imperizia, imprudenza o negligenza nella conduzione dell’operazione stessa, con conseguente danno biologico di cui era quindi stato chiesto il risarcimento;

– la struttura aveva chiesto e ottenuto la chiamata in causa del dottor P.A. tenuto a una manleva contrattuale in forza di previsione del contratto professionale di collaborazione, e il medesimo, resistendo, aveva chiesto e ottenuto la chiamata in causa della propria compagnia assicuratrice;

– P.A aveva anche chiesto l’estensione del contraddittorio al dottor P.F. , ma senza essere autorizzato a tale chiamata in lite;

– il Tribunale accoglieva la domanda nei confronti del Policlinico e di P.A, quale componente della equipe che aveva posto in essere un intervento non necessario, condannandolo  a tenere interamente indenne la Struttura, trattandosi di errore suo proprio e non riferibile all’organizzazione ospedaliera, oltre che tenuto conto delle pattuizioni contrattuali, e statuendo l’obbligo dell’assicurazione di manlevare il medico nella stessa misura;

La pronuncia di prime cure veniva confermata dalla Corte di appello secondo cui:

– la richiesta dell’assicurazione di limitare la responsabilità del proprio assicurato ad un terzo, in ragione di quella di P:F.  che aveva effettuato l’indicazione dell’intervento, di cui pure la clinica doveva autonomamente rispondere ex art. 1228 c.c., non era domanda nuova dovendo ritenersi che nella domanda di rigetto della manleva fosse ricompresa quella in parola;

– l’assicurazione, però, non aveva impugnato l’accertamento del diritto alla manleva, ma contestava la sola sua quantificazione percentuale, sicché esulava dal giudizio la questione della responsabilità esclusiva di P.F., rimasto peraltro estraneo al processo.

Ciò posto, in Cassazione viene lamentato che i Giudici di appello non avrebbero considerato la specifica allegazione della sussistenza di una responsabilità per fatto proprio della clinica per l’operato professionale del medico suo ausiliario ai sensi dell’art. 1228 c.c., proprio perciò chiedendo la limitazione della responsabilità a un terzo del suo assicurato, tenuto conto della quota di responsabilità diretta della struttura e della quota di responsabilità imputabile alla stessa per la condotta del suo collaboratore, sicché era ammissibile, e avrebbe dovuto scrutinarsi, la domanda di riduzione della percentuale di manleva nella misura giudizialmente ritenuta.

Gli Ermellini evidenziano che la Corte territoriale, ha accertato in fatto che l’intervento chirurgico, pur correttamente eseguito, non era necessario, potendosi utilmente ricorrere a trattamenti farmacologici e riabilitativi alternativi, restando quindi irrilevante che in un non meglio precisato futuro e per ipotesi quella stessa operazione sarebbe potuta divenire necessaria;

Ed ancora, “l’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente della equipe medica riguarda non solo le specifiche mansioni a lui affidate, ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, sicché rientra tra gli obblighi di ogni singolo componente della equipe chirurgica, sia esso in posizione sovra o sotto ordinata, anche quello di prendere visione, prima dell’operazione, della cartella clinica contenente tutti i dati per verificare la necessità di adottare particolari precauzioni imposte dalla specifica condizione del paziente ed eventualmente segnalare, anche senza particolari formalità, il suo motivato dissenso rispetto alle scelte chirurgiche effettuate e alla scelta stessa di procedere all’operazione, potendo solo in tal caso esimersi dalla concorrente responsabilità”.

La censura inerente la rivalsa, invece, è fondata. Nel rapporto interno tra la struttura sanitaria e il medico, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest’ultimo dev’essere ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo dell’art. 1298 c.c., comma 2, e art. 2055 c.c., comma 3, in quanto la struttura accetta il rischio connaturato all’utilizzazione di terzi per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale, a meno che dimostri un’eccezionale, inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza del sanitario dal programma condiviso di tutela della salute che è oggetto dell’obbligazione.

Per escludere del tutto una quota di rivalsa è necessario dimostrare,  non soltanto la colpa esclusiva del medico rispetto allo specifico evento di danno, ma la derivazione causale di quell’evento dannoso da una condotta del tutto dissonante rispetto al piano dell’ordinaria prestazione dei servizi di spedalità, in un’ottica di ragionevole bilanciamento del peso delle rispettive responsabilità sul piano dei rapporti interni.

Eccettuata tale ipotesi, per superare la presunzione di parità delle quote, è necessario che alla colpa del medico si affianchi l’evidenza di un difetto di correlate trascuratezze nell’adempimento del contratto di spedalità da parte della struttura, comprensive di controlli atti a evitare rischi dei propri incaricati, da valutare in fatto, da parte del giudice di merito, in un’ottica di duttile apprezzamento della fattispecie concreta.

E’ proprio a tali principi che l’appello aveva fatto riferimento invocando, per limitare la manleva assicurativa, la responsabilità della struttura per fatto proprio. Conseguentemente, il motivo non poteva essere dichiarato inammissibile, essendo diretto a chiedere la considerazione e verifica della quota di responsabilità da imputare alla struttura piuttosto che ai medici in essa operanti.

In accoglimento di tale censura la sentenza viene cassata con rinvio alla Corte di Torino.

Avv. Emanuela Foligno

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