Ricoverato per l’impianto di un defibrillatore automatico AICD, accusa peggioramento delle condizioni di salute per il malfunzionamento dell’AICD.
Il Medico esecutore dell’intervento viene riconosciuto, anche dalla Cassazione, unico responsabile (Cassazione civile sez. III, 11/12/2023, n.34522).

La vicenda giudiziaria

Il paziente conveniva in giudizio la s.r.l. Città di Lecce Hospital esponendo che, all’esito di una visita cardiologica, era stato ricoverato per l’impianto di un defibrillatore automatico AICD.
Non avendo avuto miglioramenti dello stato di salute, e anzi essendo risultato un malfunzionamento dell’AICD, era stato ricoverato presso altra Struttura dov’era stato deciso ed eseguito un parziale espianto del defibrillatore, essendo stata accertata l’erronea inopportunità del previo innesto.
La Citta di Lecce Hospital aveva chiamato in manleva le sue Assicurazioni e il Medico esecutore dell’intervento.

Il Tribunale di Lecce accoglieva parzialmente la domanda con pronuncia anch’essa solo parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Lecce, secondo cui essendo risultata accertata la esclusiva responsabilità del Medico andava statuita la rivalsa integrale sullo stesso da parte della Struttura.

Nel merito, secondo i Giudici di secondo grado, la maggiore misura di risarcimento richiesta era infondata poiché dagli accertamenti cardiologici eseguiti sul paziente era emerso un danno permanente molto modesto, limitato agli esiti cicatriziali del torace e al residuo di un catetere in situ, non essendo invece risultato alcun danno cardiaco causalmente riconducibile all’impianto del defibrillatore, cui non era viceversa riconducibile la grave malattia neoplastica successivamente comparsa e lo stato depressivo reattivo, alla stessa correlato.

Il ricorso in Cassazione

La vicenda approda in Cassazione ove gli eredi del paziente, nelle more del deceduto, sostengono che i Giudici di secondo grado avrebbero omesso di pronunciarsi e motivare effettivamente in ordine alle specifiche contestazioni rivolte alla CTU, in specie non essendo stato specificato che la rimozione dell’impianto era stata solo parziale con permanenza di elettrocateteri che avevano alterato anatomia e fisiologia funzionale del cuore, con conseguente maggiore misura di danno biologico.

Le censure vengono considerate in parte inammissibili, in parte infondate.

Innanzitutto, la deduzione di omesso esame è inibita dalla doppia decisione conforme, sul punto, dei Giudici di merito. Ad ogni modo, la parte ricorrente non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni di merito sono state diverse e comunque non vi è alcuna omessa pronuncia in ordine alla domanda di risarcimento del danno alla salute, ma solo una statuizione che accoglie la relativa domanda in misura minore.

Egualmente, non vi è stata omessa pronuncia sul danno da perdita di chance, atteso che per stessa ammissione di parte istante la relativa domanda non era stata formulata.

La Suprema Corte coglie lo spunto per ribadire che la domanda risarcitoria del danno per la perdita di chance è strutturalmente autonoma e diversa da quella di risarcimento del pregiudizio derivante dal mancato raggiungimento di un risultato sperato, ovvero da un insorto peggioramento dello stato psicofisico conseguenti a una condotta medica colposamente causale.

La chance è caratterizzata da incertezza eventistica, non causale.

Il ricorso principale viene rigettato; quello incidentale è invece fondato.

Nel rapporto interno tra la Struttura sanitaria e il Medico, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest’ultimo dev’essere di regola ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo dell’art. 1298 c.c., comma 2, e art. 2055 c.c., comma 3, in quanto la Struttura accetta il rischio connaturato all’utilizzazione di terzi per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale, a meno che dimostri un’eccezionale, inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile, e oggettivamente improbabile, devianza del sanitario dal programma condiviso di tutela della salute che è oggetto dell’obbligazione.

Non basta ritenere che l’inadempimento fosse ascrivibile alla condotta del Medico

Per superare tale principio, tuttavia non basta ritenere che l’inadempimento fosse ascrivibile alla condotta del Medico, ma occorre considerare il composito e duplice titolo in ragione del quale la Struttura risponde solidalmente del proprio operato, sicché sarà onere di quest’ultima dimostrare:

  • a) per escludere del tutto una quota di rivalsa – non soltanto la colpa esclusiva del Medico rispetto allo specifico evento di danno, ma la derivazione causale di quell’evento dannoso da una condotta del tutto dissonante rispetto al piano dell’ordinaria prestazione dei servizi di spedalità, in un’ottica di ragionevole bilanciamento del peso delle rispettive responsabilità sul piano dei rapporti interni;
  • b) per superare la presunzione di parità delle quote, ferma l’impossibilità di comprimere del tutto quella della Struttura, eccettuata l’ipotesi sub a) – che alla descritta colpa del medico si affianchi l’evidenza di un difetto di correlate trascuratezze nell’adempimento del contratto di spedalità da parte della struttura, comprensive di controlli atti a evitare rischi dei propri incaricati, da valutare in fatto, da parte del giudice di merito, in un’ottica di duttile apprezzamento della fattispecie concreta (Cass., 20/10/2021, n. 29001).

Conclusivamente, la S.C., accoglie il ricorso incidentale della Struttura, cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Lecce.

Avv. Emanuela Foligno

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